C’è ancora qualcuno secondo cui la candidatura di Silvio Berlusconi al Quirinale è solo una mossa strategica per impedire ai suoi alleati, Salvini e Meloni, di decidere alle sue spalle mettendosi d’accordo con il Pd o il M5s sul nome del successore di Sergio Mattarella. Ma la principale, quella che fino a qualche settimana fa veniva accolta a destra come a sinistra con sorrisini compassionevoli conditi da qualche battutina, resta che Berlusconi potrebbe fare sul serio.
Sulla carta l’ex premier dispone di 451 voti. Il gruppo più consistente è quello della Lega con 197 grandi elettori, tra deputati e senatori, seguito da Forza Italia (127), Fratelli d’Italia (58) ai quali vanno aggiunti quelli delle componenti minori come i centristi di Coraggio Italia, composto in gran parte da ex forzisti (a partire da Giovanni Toti, Paolo Romani e Gaetano Quagliariello) che può muovere 33 preferenze a cui si aggiungono i 5 di Noi con l’Italia dell’ex azzurro Maurizio Lupi e i 33 delegati regionali.
Negli ultimi giorni nelle cronache politiche è iniziata a circolare una specie di nome in codice per descrivere le trattative portate avanti ormai da mesi da Silvio Berlusconi per trovare i voti mancanti e provare a farsi eleggere come nuovo presidente della Repubblica. Giornalisti e addetti ai lavori la chiamano «operazione scoiattolo». Sebbene non sia chiaro da dove provenga il nome – sembra che lo abbia usato per primo Berlusconi stesso – è evidente a tutti che le manovre di Berlusconi si sono intensificate.
Berlusconi da qualche giorno è arrivato a Roma e dovrebbe rimanerci almeno fino alla fine del mese, quando inizieranno le votazioni per eleggere il successore di Sergio Mattarella. Ma già da settimane Berlusconi ha iniziato a contattare personalmente uno ad uno i potenziali elettori in Parlamento che dovrebbero portarlo a superare la quota dei 505 — maggioranza assoluta degli aventi diritto — dalla quarta votazione in poi.
Si muoverà di persona perché non bastano a rassicurarlo le telefonate ininterrotte fatte e ricevute durante le feste, quando ad Arcore ha sentito e spesso incontrato possibili grandi elettori, amici, parlamentari incaricati di contattare chiunque, leader alleati, amici di leader avversari. Berlusconi è convinto che l’elezione al Colle sia a portata di mano perché è sempre più probabile che un accordo condiviso non sia raggiungibile, e che ci sarà la sfida alla quarta votazione sui numeri. Che Berlusconi vuole vincere.
L’intento principale di Berlusconi è quello di convincere soprattutto i fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle. È cosa nota infatti che molti parlamentari ormai lontani dai partiti temono che l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica porti a elezioni anticipate, un anno e mezzo prima della fine della legislatura. Anche per effetto della nuova legge sul taglio dei numeri dei parlamentari, moltissime persone che oggi siedono in Parlamento sono praticamente certe che non saranno rielette. Ma Berlusconi non si sta limitando a contattare i fuoriusciti del Movimento 5 Stelle e gli altri parlamentari del Gruppo Misto. Il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha spiegato che Berlusconi ha contattato anche alcuni parlamentari del suo partito, mentre Repubblica scrive che sarebbero stati raggiunti anche tre parlamentari di Italia Viva, il partito centrista di Matteo Renzi.
L’impressione è che Berlusconi si stia spendendo così tanto, e da così tanto tempo, da aver reso rilevante e influente la sua candidatura, che non può più essere ignorata né dai suoi avversari, né tantomeno dai suoi alleati di centrodestra. I quali, finora, non hanno ancora preso una posizione ben definita. Matteo Salvini della Lega e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia hanno passato le scorse settimane a lodare pubblicamente Berlusconi. Al contempo, secondo i giornali, continuano a prendere tempo.
Ancora non è fissato un vertice del centrodestra (probabilmente si farà a fine settimana), ma Berlusconi da giorni detta le sue condizioni: se mi eleggete, dice a tutti, «non si va a votare», perché è vero che potrebbero esserci contraccolpi nella maggioranza, ma è altrettanto vero che «io favorirei la nascita di un governo che duri fino al 2023 con la stessa maggioranza che mi ha eletto». Quella cioè formata dal centrodestra, dai centristi, dal gruppo di Renzi, da chiunque volesse aggiungersi. Viceversa, se fosse eletto Draghi, Berlusconi fa sapere che «Forza Italia uscirà dal governo», costringendo quindi la Lega a fare altrettanto e FdI a chiedere il voto.