«Mi dimetto dal comitato di garanzia. Il dialogo è importante, le anime del Movimento 5 Stelle devono poter esprimere le loro idee». Con una mossa a sorpresa, il ministro degli Esteri ed ex capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha annunciato le proprie dimissioni dal Comitato di garanzia del partito, organo in cui era stato eletto lo scorso settembre insieme a Virginia Raggi e Roberto Fico e di cui era presidente. Le tensioni con Giuseppe Conte non sono affatto archiviate e Di Maio mette tutto nero su bianco in una lettera inviata al presidente e al garante Beppe Grillo.
Il comitato di garanzia è un organo di tre membri che ha il compito di sovrintendere alla corretta applicazione delle regole dello statuto del partito, e tra le altre cose ha il potere di sfiduciare all’unanimità il presidente o il garante (rispettivamente Conte e Grillo). Del comitato, Di Maio era anche il presidente. Gli altri due membri sono il presidente della Camera Roberto Fico e l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi.
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Di Maio spiega di voler sostenere un «nuovo corso» nel partito e che dunque, per esprimere le sue idee come desidera, non può «ricoprire ruoli di garanzia all’interno del MoVimento». In pratica, dopo settimane di scontri molto duri con Conte, Di Maio ha fatto capire che intende fare opposizione interna nel M5S, e per questo ritiene che sia necessario non ricoprire incarichi che dovrebbero essere imparziali e formali.
Una presa di posizione a cui una nota del Movimento replica con freddezza: «Il giusto e dovuto passo indietro di Luigi Di Maio rispetto al suo ruolo nel Comitato di garanzia costituisce un elemento di chiarimento necessario nella vita del Movimento rispetto alle gravi difficoltà a cui ha esposto la nostra comunità, che merita un momento di spiegazione in totale trasparenza. Il confronto delle idee e la pluralità delle opinioni non è mai stata in discussione. Questo però non significherà mai permettere che i nostri impegni con gli iscritti e con i cittadini siano compromessi da percorsi divisivi e personali, da tattiche di logoramento che minano l’unità e la medesima forza politica del Movimento».
Lo scontro tra Di Maio e Conte era diventato evidente nel corso della votazione per il presidente della Repubblica: i due avevano avuto posizioni opposte in diverse fasi della trattativa, e i cronisti politici avevano sostenuto che Di Maio avesse avuto un ruolo fondamentale nell’opporsi alla candidatura di Elisabetta Belloni, voluta invece da Conte. Secondo i retroscena politici delle ultime settimane, Conte sta cercando di rafforzare i legami con l’ala più radicale del Movimento – quella che anni fa si riconosceva intorno all’ex deputato Alessandro Di Battista – e recuperare una certa «radicalità» in vista delle elezioni. Che se fosse per lui, a quanto si legge, andrebbero bene anche se anticipate: in qualità di presidente del M5s comporrebbe lui le liste elettorali, assicurandosi il controllo del partito almeno per qualche anno.
Gli obiettivi di Di Maio sembrano invece opposti. La sua corrente, di cui fanno parte alcune decine di parlamentari, sostiene esplicitamente il governo di Mario Draghi e nel corso del tempo ha preso posizioni più moderate rispetto al resto del Movimento. A Di Maio interessa soprattutto imporre la propria visione di un Movimento 5 Stelle moderato e istituzionale, e prendere il posto di Conte alla guida del partito (che era già stato suo fra 2017 e 2020). Nella sua nota, Di Maio ha fatto ampio riferimento agli scontri, dicendo esplicitamente che «si è iniziato a parlare di scissioni, processi, gogne»; ha poi aggiunto che «tutte le anime, anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee».
Sul dibattito all’interno del Movimento è intervenuto anche Beppe Grillo, che con un post in un certo senso programmatico sul suo blog ha scritto che il M5S deve passare «dai suoi ardori giovanili alla sua maturità». «Questa nostra rivoluzione democratica è oggi chiamata a passare dai suoi ardori giovanili alla sua maturità, senza rinnegare le sue radici ma individuando percorsi più strutturati per realizzarne il disegno. La nostra visione del mondo è sempre la stessa: vogliamo costruire un futuro più sostenibile, equo, partecipato, accessibile e digitale».