Dopo la bocciatura da parte della Corte costituzionale del referendum sull’eutanasia legale, la legge sul suicidio assistito per ora è salva e può proseguire il suo iter. Non passano infatti alla Camera gli emendamenti presentati da Lega e Forza Italia che rischiavano di affossare per sempre l’intero provvedimento sulla morte volontaria medicalmente assistita firmato da Pd e M5s. Ma, contrariamente alle previsioni, i due partiti di centrodestra non hanno chiesto il voto segreto. I voti contrari sono stati 262, i favorevoli 126.
La discussione sul suicidio assistito è cominciata a due giorni dalla scelta della Corte costituzionale di bocciare il referendum proposto dall’Associazione Luca Coscioni. C’è una differenza però tra i due temi: la legge in discussione alla Camera riguarda il suicidio assistito, quello che succede quando la persona malata è in grado di assumere in maniera autonoma i farmaci necessari a interrompere la vita. Il referendum che è arrivato sul tavolo della Corte Costituzionale riguardava invece l’eutanasia attiva: in questo caso la persona malata è in stato vegetativo e il medico le somministra il farmaco per indurre il decesso.
L’esame della legge sul fine vita proseguirà a marzo. Il testo (relatori Bazoli Pd e Provenza M5s) ha già superato il primo scoglio, ma la strada resta in salita: in tutto gli emendamenti al voto sono circa 200. Si teme soprattutto di assistere allo stesso epilogo del ddl Zan, che fu affossato al Senato tra gli applausi di gran parte del centrodestra. Per ora comunque la legge va avanti: i leader di Pd e M5s, Enrico Letta e Giuseppe Conte, dopo la dichiarazione di inammissibilità della Consulta sul referendum sull’eutanasia hanno spinto per arrivare ad approvare il testo.
L’Associazione Coscioni, invece, ha denunciato chiaramente come la legge all’esame della Camera sia «peggiorativa rispetto ai diritti a oggi conquistati nei tribunali e in generale rispetto all’attuale assetto costituzionale». Il testo recepisce le indicazioni della Consulta espresse nella sentenza del 2019 sul caso di dj Fabo e di Marco Cappato che l’aveva aiutato a morire e che prevede la non punibilità del suicidio assistito, se ci sono alcuni requisiti. Ma, ha spiegato la presidente del comitato e segretaria dell’associazione Filomena Gallo, la legge «introduce restrizioni e ulteriori condizioni per accedere alla morte volontaria». Inoltre, non colma «il vuoto di tutela rispetto a quei malati che oggi non rientrano nelle condizioni stabilite dalla Corte costituzionale in materia di suicidio assistito».