Poche ore dopo l’inizio dell’invasione ucraina di Vladimir Putin, Xi Jinping dava l’ok all’import di grano dalle regioni russe, fornendo così all’amico moscovita un’alternativa ai mercati occidentali che potrebbero presto chiudersi causa sanzioni. Una prima ancora di salvezza. La Cina pur mantenendo una certa neutralità a parole non ha di fatto condannato le azioni del presidente russo in Ucraina. Tra le altre cose, il governo cinese si è rifiutato di riconoscere nell’operazione militare russa una «invasione», e non parteciperà alle sanzioni economiche annunciate dalla comunità internazionale.
Mentre l’avanzata in Donbass delle truppe filo-russe sembra essere inarrestabile e i militari di Mosca sono ormai a Kiev pronti a piegare le ultime e deboli resistenze dell’esercito ucraino, la possibile svolta potrebbe arrivare in poche ore. È il ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, a riportare il tema dei nuovi colloqui in cima all’agenda dei due Paesi rivali ribadendo, come successo anche nelle ore passate, la volontà di Mosca di risolvere la questione per vie diplomatiche, prima di una vera e propria presa di Kiev che provocherebbe un numero ben più alto di vittime rispetto a quello registrato fino ad ora: la Russia è pronta a negoziare con l’Ucraina se “depone le armi”, ha dichiarato.
Da questo momento, emerge il ruolo svolto dalla Cina. Non solo come Paese pronto ad assorbire parte dei flussi commerciali di Mosca per annacquare le conseguenze delle sanzioni che Unione europea e Stati Uniti hanno messo a punto, ma anche come mediatore per portare i due contendenti al tavolo negoziale. Putin ha avuto un colloquio telefonico proprio con il presidente cinese al quale l’instabilità nella regione non piace affatto, sostenendo «un accordo negoziato tra Russia e Ucraina». Un messaggio che suona come un invito per Kiev e come un suggerimento, invece, per Mosca che con le sanzioni pronte a scattare ha rafforzato il proprio legame economico con Pechino: «È necessario prendere in considerazione e rispettare le legittime preoccupazioni per la sicurezza dei Paesi e, attraverso i negoziati, formare un meccanismo equilibrato, efficace e sostenibile per garantire la sicurezza europea», ha detto Xi Jinping.
L’atteggiamento della Cina ha diverse ragioni: il governo vuole limitare il più possibile i danni alla propria economia, preservare i rapporti coi partner economici, tra cui c’è sia la Russia che i vari paesi occidentali, e inoltre studiare con attenzione quello che accade in Ucraina: la reazione occidentale all’invasione, tra le altre cose, potrebbe fornire indizi al presidente cinese Xi Jinping su come potrebbero andare le cose nel caso in cui la Cina decidesse di intraprendere in futuro un’azione militare contro Taiwan. Vari osservatori in questi giorni si sono chiesti se, dopo l’Ucraina, il prossimo territorio democratico invaso da un grande regime potrebbe essere proprio Taiwan.
La Cina rivendica da decenni la sovranità sull’isola, che è una democrazia vivace, un’economia prospera e si autogoverna indipendentemente dal 1949. Per il presidente Xi Jinping, riunificare Taiwan alla Cina è un obiettivo irrinunciabile, al quale ha fatto più volte riferimento in vari discorsi pubblici. Sull’Atlantic, il giornalista americano esperto di Asia Michael Shuman ha scritto che una vittoria della Russia in Ucraina potrebbe convincere il leader cinese Xi Jinping, in un futuro per ora tutt’altro che immediato, a immaginare con più facilità di poter fare lo stesso a Taiwan.
Questo spiegherebbe le reazioni della stessa Taiwan, così come del Giappone, alle azioni di Putin in Ucraina. Taiwan, geograficamente molto lontana dall’Ucraina, è stata uno dei primi paesi a condannare pubblicamente l’invasione dell’Ucraina come una violazione degli accordi internazionali, così come a dichiarare subito, il giorno dopo l’invasione, di volersi unire a Stati Uniti e Unione Europea nell’imporre sanzioni economiche alla Russia. Anche il Giappone, preoccupato sia per Taiwan che per le isole Senkaku (contese con la Cina), si è mostrato pronto a imporre pesanti sanzioni economiche.