Tutto come da copione. Giuseppe Conte torna ad essere presidente del Movimento 5 stelle. Il voto sulla leadership, passaggio obbligatorio dopo l’ordinanza del tribunale di Napoli che ha sospeso i vertici M5s, è andato secondo le previsioni. Hanno votato 59.047 attivisti, e i sì sono stati 55.618 ossia il 94,19%.
L’ex premier ha chiarito nei giorni scorsi che in presenza di un voto «risicato» avrebbe fatto un passo indietro rinunciando alla leadership. Ma diversamente, in caso di una larga fiducia, di voler gestire il Movimento con una linea non moderata e senza più accettare divisioni. Il confronto istintivo è con la «prima volta» di Conte, lo scorso agosto, quando oltre 62 mila militanti su 67 mila lo incoronarono presidente. Rispetto ad allora l’affluenza è calata quasi del 12%.
Conte vuole essere il leader di un Movimento ricompattato. Dopo essere stato riconfermato presidente del M5S, con un (quasi) plebiscito di preferenze, sparge dichiarazioni rassicuranti: «Il M5s si è dichiarato in modo chiaro e univoco favorevole agli aiuti all’Ucraina. Questo provvedimento non c’entra nulla con il riarmo». Così il leader M5s in conferenza stampa al termine della plenaria dei Comitati M5s. Sulle spese militari «non può essere che il governo non ci ascolti e che nel Def ci si ritrovi davanti a un fatto compiuto. Non mi aspetto che nel Def ci siano fughe in avanti», ha detto ribadendo che il M5S è pronto a votare contro il Documento di economia e finanza dell’esecutivo.
Il M5s «non farà passi indietro» a suo dire e continuerà a dirsi contrario all’aumento delle spese militari. Se questo possa portare a uno strappo con l’esecutivo guidato da Mario Draghi, la risposta è no: «Non è il Governo dei nostri sogni ma lo sosteniamo con responsabilità», ha detto Conte. Nessuna crisi in vista, dunque, ma il messaggio che l’ex premier vuole lanciare è quello di unità rispetto a un tema, quello del “no” al riarmo, diventato ormai il nuovo mantra dei 5 Stelle.