Il torpore decennale che ha visto le istituzioni italiane ignorare beatamente il dilagare dell’astensionismo sembra aver trovato fine. Dopo tre mesi di lavoro e una serie di interlocuzioni preliminari con le forze politiche la commissione sull’astensionismo istituita dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha presentato un Libro bianco sulle cause del calo di affluenza alle urne.
E ha proposto anche delle soluzioni: l’election pass e un doppio election day. Mutuando l’esperienza del Green pass, l’idea è quella di procedere alla digitalizzazione della tessera e delle liste elettorali e alla concentrazione delle scadenze elettorali in due soli appuntamenti annuali. Grazie all’election pass, donne e uomini italiani potranno votare ovunque. Ovunque e in anticipo. Infatti chi si trova fuori sede o in difficoltà a raggiungere il seggio, potrà votare prima negli uffici postali o in altri luoghi pubblici, tanto basta un app. Una sorta di voto postale all’americana, per intenderci.
L’election pass sarebbe un certificato elettorale digitale in sostituzione delle tessere elettorali cartacee: potrà essere scaricato sul proprio smartphone o stampato e sarà verificato in tempo reale al seggio attraverso una apposita app: i cittadini non dovranno più preoccuparsi dello smarrimento della loro tessera elettorale, né di rinnovarla una volta esaurita. Ma la testata tecnologia del Green pass non è esente da frodi. Se già questo inverno esistevano i Green pass falsi a nome di Topolino e Hitler, come pensano di poter gestire i possibili brogli?
La discussione sul voto a distanza per combattere l’astensionismo va avanti da tempo. Compreso il problema degli italiani all’estero, lavoratori e studenti, che ogni volta sotto elezioni non riescono a raggiungere il proprio seggio perché impossibilitati a rientrare in Italia. Un problema che, secondo i dati Istat, riguarda quasi tre milioni persone. Negli anni si è poi verificata anche una sempre maggiore riduzione della partecipazione. Alle prime votazioni della Repubblica, nel 1948, andarono a votare il 92,2% degli aventi diritto. Alle ultime politiche, nel 2018, il 72,9%. Fino alle Europee del 2019 quando alle urne si presentò meno del 55% degli elettori. Una disfatta.
È infatti evidente come il rapporto fra cittadini e politica si sia deteriorato. In primo luogo per leggi elettorali poco rappresentative, che non permettono a tutti gli italiani di trovare voce nel Parlamento. In secondo per il ruolo dei partiti. Ormai svuotati di ogni contatto con il basso, sembrano andare avanti solamente grazie a costose campagne comunicative. Inseguendo l’ultimo problema in tendenza. Da non tralasciare anche il ruolo dei rappresentanti, che una volta eletti dimenticano di dover parlare a nome di tutti i cittadini e non solo delle proprie fila di votanti. Ammesso che poi spesso, si dimenticano anche di loro. In generale la democrazia vive una profonda crisi ormai da tempo, e non per il disinteresse dei cittadini, ma per l’abbandono volontario delle istituzioni.