«Credo che dopo un terzo decreto di invio di armi a Kiev avremo già dato come Italia un contributo sufficiente avendo fatto la nostra parte». Giuseppe Conte non arretra di un passo e sfida nuovamente il premier Mario Draghi ribadendo lo stop all’invio delle armi all’Ucraina. Il terzo decreto, a cui hanno lavorato Difesa, Esteri ed Economia di sponda con Palazzo Chigi, è pronto e sta per approdare in Gazzetta Ufficiale. La lista sarà anche questa volta secretata e conterrà mortai, lanciatori Stinger, mitragliatrici, colpi e lanciatori anticarro e forse anche qualche carro armato.
Ma nonostante l’ex premier da per ormai acquisito il nuovo provvedimento interministeriale non arretra sulle sue posizioni: «Se l’obiettivo è sconfiggere la Russia, potremmo coltivare un escalation militare senza limiti che per me sarebbe una prospettiva folle», ha argomentato. E non cede neanche sulla necessità che ci sia un voto delle Camere sul posizionamento dell’Italia. «Sarebbe irrituale se, dopo due mesi e mezzo di guerra, il premier Draghi non venisse in Parlamento», ha sottolineato Conte.
Le forze politiche già guardano al 19 maggio quando il premier Mario Draghi terrà un’informativa alle Camere. «Alla prima occasione possibile nel calendario parlamentare – hanno fatto sapere fonti interne e vicine ai vertici – il M5s chiederà un voto che possa definire una chiara strategia dell’Italia non solo per quel che riguarda l’invio delle armi all’Ucraina ma anche per quel che riguarda la posizione da portare nei consessi internazionali, sulla guerra e sugli sforzi diplomatici per arrivare a un negoziato». Il come e quando ancora non è stato chiarito e fonti M5s hanno fatto sapere che stanno vagliando quale strumento dovrà essere utilizzato. Il regolamento parlamentare infatti, non prevede votazioni in occasione dell’informativa del premier Mario Draghi alla Camera e al Senato.
Se ci sarà, il Pd «non si sottrarrà» al voto, ha detto Letta, che è poi tornato a lanciare «un appello a tutti affinché l’unità delle forze politiche italiane continui». Il pensiero è rivolto prima di tutto al M5s, alleati di governo e compagni di viaggio nella coalizione progressista. Che sono stati avvertiti: «Questo è l’ultimo governo della legislatura – è la posizione di Letta – dovesse cadere, si andrebbe al voto».