La strage di Uvalde, in Texas, è la più grave sparatoria in una scuola dal massacro di Sandy Hook nel 2012. Una nuova tragedia che va ad allungare la scia di sangue negli Stati Uniti e riaccende il dibattito sulle armi. «Sono disgustato e stanco. Dobbiamo agire. E non ditemi che non possiamo avere un impatto su questa carneficina», il presidente Joe Biden è tornato a reclamare una limitazione al commercio e alla detenzione di armi. Ma la Costituzione americana, le sentenze della magistratura, il peso delle lobby sono i fattori che fino a oggi hanno sbarrato la strada a ogni tentativo di “disarmo” degli Stati Uniti.
«Ho trascorso la mia carriera come senatore e come vicepresidente – ha detto Biden – lavorando con buon senso per approvare leggi sulle armi. Non possiamo, e non riusciremo, a prevenire ogni tragedia. Ma sappiamo che le leggi funzionano e hanno un impatto positivo». Secondo il presidente Joe Biden, la responsabilità principale è della “lobby delle armi”, di cui il governatore texano Gregg Abbott, repubblicano, è un sostenitore e membro influente. In base alla legge 1927, promulgata in Texas nel settembre 2021, tutti possono portare armi da fuoco, anche fuori casa, anche se non provvisti di licenza o senza avere una formazione per il loro uso. Per la stampa liberal americana, e per buona parte di quella italiana, è Gregg Abbott il responsabile a monte della strage. A marchiare la sua “infamia” rispunta un tweet del 2015 in cui sosteneva: «Sono imbarazzato. Il Texas è solo al secondo posto per gli acquisti di nuove armi dietro alla California».
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Il possesso di armi da parte dei privati cittadini è consentito negli Usa dal secondo emendamento della Costituzione. Che recita testualmente: «Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto». Si tratta dunque di uno «scudo» legato al massimo grado della legge. La norma affonda le radici nella nascita dello Stato americano, nelle guerre combattute dagli indipendentisti contro britannici e spagnoli. Magistrati e politici hanno più volte obiettato che tale spirito è ormai tramontato ma senza risultato. Anzi. Una sentenza della Suprema Corte del 2008 ha ribadito la piena legittimità del secondo emendamento, dichiarando incostituzionale una legge del distretto di Columbia che limitava fortemente il possesso di armi. Contro questa sentenza e contro la già citata norma della Costituzione è andato a infrangersi ogni tentativo di riforma.
La politica ha più volte tentato di abbattere il muro. Il tentativo più determinato risale al 1994, primo mandato alla Casa Bianca di Bill Clinton. Il Senato su proposta dell’allora senatore del Delaware Joe Biden, approvò una legge che proibiva il commercio di armi d’assalto. L’anno successivo i democratici persero le elezioni di mid term, secondo gli osservatori anche a causa di questa iniziativa. Di fatto quel divieto è stato cancellato nel 2004. Nel 2012, dopo la strage di Sandy Hook (26 morti) Barack Obama tornò a chiedere una limitazione ma la proposta non passò. Lo scoglio insormontabile è il Senato, dove i democratici possono contare su 50 voti su 100. Ma una una legge che cambi lo status attuale ha bisogno di almeno 60 voti e quindi del soccorso dell’ala repubblicana. Ipotesi al momento assai poco concreta.
Un peso determinante nel settore del commercio delle armi è esercitato dalla NRA (National rifle association), la «lobby» dei produttori. La NRA è per la prima volta scesa in campo in una campagna elettorale del 1980 appoggiando la corsa alla presidenza di Ronald Reagan (risultato vincitore) e da allora si è sempre schierata con il partito repubblicano.
Ma la colpa non è solo dei repubblicani. Da quando Biden è alla Casa Bianca non è che abbia fatto molto per ostacolare la vendita di armi. Una accusa mossa dagli stessi democratici. A aprile, Politico pubblicò un articolo che evidenziava la frustrazione di diversi senatori sul tema. «È passato un anno da quando Biden ha tenuto il suo primo discorso alla Casa Bianca sulla prevenzione della violenza armata, annunciando quella che è considerata la sua azione esecutiva più significativa fino ad oggi sulle armi. Ma un anno dopo, il regolamento ATF da lui presentato, che imporrebbe controlli in background e nuovi requisiti per la vendita online di “pistole fantasma” – armi da fuoco non rintracciabili prive di numeri di serie e costruite con kit online – non è stato finalizzato», scriveva la testata. Da due anni il partito democratico del presidente Biden rimanda il giro di vite sul settore, in alcuni casi anche per il voto contrario dei suoi stessi senatori. È il caso del senatore Joe Manchin che, lo scorso anno, si schiero contro un disegno di legge del partito democratico, da lui considerato troppo restrittivo.