Porta con sé una coda di tensioni il sesto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia e ancora una volta è l’Ungheria a provare a mettersi di traverso. Si è conclusa con un rinvio la riunione degli ambasciatori dei 27 che dovrebbe approvare le sanzioni, fonti qualificate riferiscono che il rappresentante di Budapest ha chiesto di escludere il patriarca russo Kirill dall’elenco dei soggetti colpiti dal provvedimento europeo. Il leader della Chiesa ortodossa russa era stato inserito nella black list delle persone sanzionate assieme a enti e individui considerati coinvolti nell’invasione russa dell’Ucraina. Il pacchetto di sanzioni prevede lo stop delle importazioni di petrolio dalla Russia tra otto mesi sia per il greggio che per i prodotti raffinati. Dopo le minacce di veto di Viktor Orban, è stata prevista un’esenzione «temporanea» per il petrolio tramite oleodotti, in particolare per quello Druzhba. Una misura per concedere più tempo a Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e altri Paesi senza sbocco sul mare per rendersi indipendenti dal petrolio russo.
Il compromesso del Consiglio europeo sul petrolio russo è servito a poter raccontare di un possibile accordo sul sesto pacchetto di sanzioni ma le eccezioni sono più delle regole e smontano completamente l’architettura della misura. La quasi certezza che le nuove sanzioni avrebbero danneggiato le proprie economie ha spinto diversi paesi a rivedere le proprie posizioni, ufficialmente da parte di alcuni in cambio di qualcosa, ma per i più è stato conveniente nascondersi dietro Orban.
Già, perché fin da subito il premier ungherese aveva detto di essere contrario a un embargo totale perché il suo paese dipende fortemente dal petrolio russo. I funzionari europei hanno provato a sbloccare i negoziati, con esenzioni e compensazioni varie. E alla fine è stata prevista un’esenzione temporanea per il petrolio trasportato tramite oleodotto al fine di revocare il veto di Budapest. Resta così fuori dal bando l’oleodotto Druzhba, che rifornisce l’Ungheria ma anche Germania e Polonia. Così come ha ottenuto una deroga di 18 mesi la Repubblica Ceca. Per tutti gli altri il divieto sarà in vigore entro fine 2022, fra sei mesi.
Il compromesso prevede che il blocco riguardi solamente il petrolio russo importato via mare, quindi l’Ungheria che lo riceve tramite oleodotto, potrà ancora importarlo con una esenzione temporanea, ma non si sa quanto “temporanea”, non è specificato. Di questa eccezione se ne avvantaggia anche la Germania che ugualmente continuerà a ricevere il greggio via oleodotto. L’Italia no, ovviamente, è tra i più colpiti visto che importa dal mare.