«Lascio il Movimento 5 stelle». È davanti ai giornalisti convocati all’Hotel Bernini di Roma che Luigi Di Maio, dopo giorni di indiscrezioni e retroscena, ha ufficializzato l’addio al partito che l’ha scelto, creato e candidato. «È una scelta sofferta, che mai avrei immaginato di dover fare: io e tanti altri colleghi e amici lasciamo il Movimento, quella che da domani non sarà più la prima forza politica in Parlamento». Dopo avere duramente criticato le posizioni sulla guerra in Ucraina, la spaccatura del Movimento si è materializzata con la raccolta di firme per creare un nuovo gruppo alla Camera e una componente del Misto al Senato.
Con la crisi in Ucraina occorreva scegliere da che parte stare della storia, «con l’Ucraina aggredita o la Russia aggressore», ha messo in evidenza il ministro degli Esteri. «Le posizioni di alcuni dirigenti del M5s hanno rischiato di indebolire il nostro Paese». Proprio di fronte a una «situazione così complessa» c’è bisogno «di una Europa unita» che «dipende dall’unità dei governi degli stati membri, lasciando da parte ogni polemica strumentale». In questi mesi «la prima forza politica in Parlamento aveva il dovere di sostenere il governo senza ambiguità. Abbiamo scelto di fare un’operazione verità, partendo proprio dall’ambiguità in politica estera del M5s. In questo momento storico sostenere i valori europeisti e atlantisti non può essere una colpa». E, ha ribadito con forza, «pensare di picconare la stabilità del governo solo per ragioni legate alla crisi di consenso è da irresponsabili. Questa guerra non è uno show mediatico, è reale, le vittime sono reali».
Per il M5s è alla fine giunto il momento della scissione. Di Maio strappa con Conte e dà inizio a una nuova avventura politica, “Insieme per il futuro”. «Nessuno ha intenzione di creare una forza politica personale, ci mettiamo in cammino. Partendo dagli amministratori locali. Dovrà essere un’onda con al centro le esigenze territoriali. Non ci sarà spazio per l’odio, populismo, sovrani ed estremismi». Di Maio se ne va sbattendo la porta e molla così quella forza che per tre anni ha guidato da capo politico. E proprio lui, che chiese l’impeachment di Sergio Mattarella, che fece sfiorare la crisi diplomatica all’Italia per un incontro con i gilet gialli in Francia, l’ex ministro che ha approvato i decreti sicurezza con Matteo Salvini, ora si propone come il leader moderato. E soprattutto promette che d’ora in avanti vorrà solo «talenti» perché «uno non vale l’altro». Il Di Maio diventato politico sui palchi di mezza Italia, a fianco di Beppe Grillo, gridando lo slogan “uno vale uno”, diviene lo strenuo oppositore del M5s e di quello che lui ha predicato per primo.
Sono al momento cinquanta alla Camera e undici al Senato, i Cinquestelle pronti a seguire il ministro degli Esteri, e fra questi ci sono cinque degli undici fra sottosegretari e viceministri in quota Movimento. È l’ultimo conteggio che circola fra Montecitorio e Palazzo Madama sulla raccolta firme partita nella mattinata di martedì 21 giugno da parte di alcuni parlamentari vicini al ministro degli Esteri, per la formazione di un gruppo autonomo alla Camera e di una componente del Misto al Senato. In base al regolamento della Camera per costituire un gruppo a Montecitorio servono 20 deputati. Al Senato invece la strada è più complicata: per la costituzione di un gruppo parlamentare servano almeno dieci senatori ma l’articolo 14 del regolamento dice che i gruppi devono «rappresentare un partito o movimento politico che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l’elezione di senatori»
Su 227 parlamentari del M5s (155 alla Camera e 72 al Senato), oltre un quarto sono pronti quindi a mettersi alle spalle il Movimento. Secondo quanto si apprende ci sono anche il viceministro dell’Economia Laura Castelli, il questore della Camera D’Uva, Vincenzo Spadafora, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, quella per il Sud Dalila Nesci e quello per la Salute Pierpaolo Sileri. Nell’elenco viene aggiunto anche Simone Battelli, presidente della commissione Politiche Ue, Vittoria Casa che presiede la commissione Cultura e Filippo Gallinella, a capo della commissione Agricoltura. Fra i senatori ci sono il sottosegretario alla Giustizia Anna Macina Primo Di Nicola, Vincenzo Presutto, Trentacoste, Campagna, Donno, Vaccaro e Simona Nocerino.
E accanto alla conta cominciano a circolare anche voci che vorrebbero Conte, costretto a cedere sulla risoluzione al Senato, pronto a uscire dal governo. «Sono altri che creano problemi non noi», ha sottolineato il ministro “contiano” Stefano Patuanelli. L’addio della pattuglia dimaiana per formare il gruppo “Insieme per il futuro”, preoccupa il Pd: «Fate in modo che lo scontro non ricada sul governo e sulla politica estera italiana», è il messaggio recapitato dal segretario Enrico Letta sia a Conte sia a Di Maio, mentre Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno apertamente festeggiato per lo strappo interno al Movimento.