Ormai sarà sempre più difficile ignorare i danni da vaccino contro il Covid-19. Dopo ormai più di un anno di controinformazione, studi e analisi in tutto il mondo stanno distruggendo il castello di bugie costruito da governi e big pharma. Negli ultimi mesi sono nate diverse associazioni di cittadini che premono per avere Commissioni di inchiesta che facciano luce su quanto avvenuto in questi oltre due anni di emergenza sanitaria. Per essere ascoltati occorre fare numero, e così le associazioni e i comitati cercano altre testimonianze non solo nel loro Paese così da creare un ponte che unisca in una sola, potente voce tutte queste storie dolorose.
Centinaia di migliaia di persone, che da perfettamente sane si sono trovate malate dopo l’inoculazione, hanno deciso infatti di riunirsi all’interno di una grande rete internazionale chiamata “Jab injuries global”. L’obiettivo è chiedere a gran voce delle risposte su tutto quello che è accaduto e che continua ad accadere, perché, Jab injuries global «è un ponte per collegare tutto il mondo, per mostrare che quando ci sono dei rischi, ci deve anche essere la possibilità di scelta e la dimostrazione dei rischi sono proprio le vittime del vaccino». Una comunità che è cresciuta sempre di più in questi mesi, uno slancio partito dall’Australia che si è propagato a macchia d’olio con l’unico scopo di abbattere a colpi di testimonianze di «persone reali, storie reali, danni reali» il muro dell’omertà sugli effetti avversi e aumentare la consapevolezza globale.
«Jab injuries global è presente in 31 nazioni, dagli Stati Uniti a Singapore, dalla Germania all’Indonesia», spiega a La Verità Roberto Baima del direttivo del Comitato “Ascoltami”, che in Italia si occupa di chiedere diagnosi e cure, tanto da aver persino chiesto ufficialmente l’apertura di una commissione d’inchiesta parlamentare sui vaccini. «Mi hanno contattato pochi giorni fa, vogliono farci gestire la sezione italiana – spiega Baima – stanno creando un coordinamento che unisce tutti i danneggiati. Loro raccolgono storie di effetti avversi, un po’ come noi stiamo facendo in Italia e la cosa più impressionante è che i loro dati e le loro testimonianze sono simili a quelli che abbiamo qui».
I sintomi e le reazioni avverse raccolte dalla piattaforma Jab Injuries Global in tutto il mondo sono molto simili tra loro: l’elevata percentuale di donne colpite (circa il 75% secondo l’organizzazione), e la maggior frequenza di problemi cardiaci nelle fasce più giovani, tra i 18 e i 35 anni, soprattutto nei maschi. E poi ci sono le esperienze di vita, pubblicate quotidianamente nelle sezioni di ogni Paese. Storie che si ripetono sempre uguali e che non possono più essere trattate come semplici coincidenze.
Storie simili non solo dal punto di vista sanitario ma anche dal punto di vista dell’isolamento sociale e familiare, dove i sintomi vengono sminuiti e la disperata richiesta di diagnosi e cure viene ignorata. Isolamento, abbandono e mancanza di cure. Le istituzioni che negano completamente il fenomeno, forse per paura, appunto, che emerga la verità.