La crisi del governo Draghi scuote gli equilibri nei partiti. Se la Lega resta al momento apparentemente compatta attorno alla linea di Salvini, la caduta del governo Draghi ha mietuto vittime in Forza Italia e messo il Movimento 5 stelle a rischio di una nuova scissione. E crea lacerazioni anche nelle colazioni. «È impossibile fare alleanze elettorali in questa tornata con chi ha fatto cadere Draghi», ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, e il riferimento è indubbiamente a quel “campo largo” più volte prospettato insieme al M5s.
«Noi non abbiamo nessuna responsabilità di quello che è successo. Pensavamo di andare ancora avanti con il governo guidato da Mario Draghi fino alla fine della legislatura, ad aprile-maggio dell’anno prossimo, eravamo stati leali per tutto il tempo del governo di Draghi e volevamo continuare a essere responsabili e leali. Ero stato io per primo a proporre un governo di unità nazionale avente come presidente del Consiglio, Mario Draghi», commenta Berlusconi. Ma evidentemente all’interno del partito non la pensano tutti così.
Forza Italia non regge davanti alla fine del governo Draghi. La mancata fiducia all’esecutivo provoca uno scossone dentro il partito di Silvio Berlusconi che ha seguito Matteo Salvini, voltando le spalle al premier. Dopo le dimissioni di Maria Stella Gelmini, ministra per gli affari regionali, oggi a sbattere la porta è Renato Brunetta, titolare della pubblica amministrazione, da tempo uno dei forzisti più vicini a Draghi. «Non sono io che lascio, ma è Forza Italia, o meglio quel che ne è rimasto, che ha lasciato se stessa e ha rinnegato la sua storia», ha detto Brunetta, seguito a ruota dalla fuoriuscita del senatore Andrea Cangini e dalla presa di distanza della ministra per il sud Mara Carfagna («Quanto accaduto ieri rappresenta una frattura con il mondo di valori nei quali ho sempre creduto che mi impone di prendere le distanze e di avviare una seria riflessione politica»). Fi sembra spaccato in maniera sempre più netta fra una corrente «draghiana» minoritaria di ispirazione centrista, e una maggioritaria più vicina all’asse con Lega e Fratelli d’Italia.
Anche il M5s è sempre più lacerato. Dopo l’abbandono di Luigi Di Maio, si sono creati due schieramenti. Da un lato i governisti (50 tra Camera e Senato) guidati da Davide Crippa, capogruppo alla Camera che intendevano appoggiare Draghi, e dall’altra i falchi duri e puri che spingevano per un’uscita dall’esecutivo. Alla fine il Movimento è restato compatto, non votando la fiducia ma non uscendo dall’aula per evitare di far mancare il numero legale. Ma lo sfaldamento è solo rinviato. L’epilogo del governo Draghi sarà anche il bivio per molti grillini che da tempo non condividono la linea di Giuseppe Conte. E segnerà la fine del campo largo con il Partito democratico.