La caduta del governo Draghi e la decisione di fissare le elezioni il 25 settembre, in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, costringerà i partiti ad accelerare i tempi della campagna elettorale e delle incombenze necessarie per presentarsi al voto. Per i partiti e i movimenti più piccoli è già iniziata la corsa alla raccolta delle firme. Una missione quasi impossibile: 36.750 firme autenticate per la Camera e altre 19.500 per il Senato, divise tra 49 e 26 collegi plurinominali, da collezionare in un mese, per giunta nel pieno delle vacanze estive.
Secondo molti esponenti dei partiti più piccoli, gli obblighi legati alla raccolta delle firme mettono a rischio la validità del processo democratico. La data scelta per le elezioni, il 25 settembre, consente di individuare alcune scadenze: secondo la legge, infatti, i partiti dovranno presentare i simboli da inserire nella scheda elettorale tra le ore 8 del 44° giorno e le ore 16 del 42° giorno precedente il voto, quindi tra il 12 e il 14 agosto. Le liste dei candidati e tutti i documenti relativi alle candidature, invece, dovranno essere depositati tra il 21 e il 22 agosto alla cancelleria della Corte d’appello.
L’obbligo che più impegna i partiti, ma non tutti, in vista delle elezioni è la raccolta delle firme da presentare insieme ai documenti per le liste. Il numero delle firme dipende dal numero di collegi plurinominali disegnati nella legge elettorale, diminuiti con il taglio del numero dei parlamentari. Prima del 2020 a un partito o a una coalizione servivano almeno 1.500 firme per ognuno dei 63 collegi plurinominali della Camera, quindi complessivamente 94.500, e sempre almeno 1.500 firme per ognuno dei 33 collegi del Senato. Visto che si può firmare per entrambe le liste, solitamente la raccolta delle firme per il Senato non è un problema. Dopo il referendum i collegi plurinominali alla Camera però sono solo 49: per presentarsi in tutta Italia servirebbero in teoria almeno 73.500 firme. Ma con le elezioni in anticipo di oltre quattro mesi rispetto alla normale scadenza della legislatura, la legge prevede che il numero delle firme richieste sia dimezzato: devono essere almeno 750 invece che 1.500 per ogni collegio plurinominale. In definitiva, per presentarsi alle prossime elezioni in tutta Italia bisognerebbe raccogliere almeno 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato.
Ma il decreto Elezioni, approvato a inizio maggio dal Consiglio dei ministri e discusso poi da Camera e Senato in vista delle elezioni amministrative, introduce alcune regole che limitano l’obbligo di raccolta firme. In particolare l’articolo 6-bis dice che sono esonerati «i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021»: è il caso di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, PD, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, Italia Viva e Coraggio Italia. L’esonero è stato esteso anche ai partiti «che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e che abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale», come +Europa-Centro Democratico, o che «abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale», come Noi con l’Italia di Maurizio Lupi.
Restano fuori tutti gli altri piccoli gruppi. A partire dai fuoriusciti dal M5s, come Alternativa e Italexit, Ancora Italia, il Partito Comunista di Marco Rizzo, Riconquistare l’Italia e Potere al Popolo. Il rischio è che si trovino senza rappresentanti in parlamento quei cittadini che vogliono sostenere chi si è opposto ai provvedimenti dell’ultimo esecutivo, dagli obblighi vaccinali al Green pass, passando per le sanzioni alla Russia e l’invio delle armi in Ucraina.
Queste formazioni dovranno consegnare le firme autenticate tra il 21 e il 22 agosto. A complicare le cose ci sono due requisiti: le firme devono essere autenticate, quindi raccolte in presenza di sindaci, amministratori locali o funzionari comunali, notai o avvocati, e devono essere di elettori o elettrici iscritti nelle liste elettorali dei comuni che fanno parte del collegio plurinominale in questione. Insomma, non si può firmare per una lista lontano da dove si abita.
La questione della raccolta firme per presentarsi alle elezioni è controversa: in Italia il numero di firme da raccogliere è molto più alto che in altri Paesi. Si pensi soltanto, ad esempio, che in Francia non è richiesta alcuna firma. Nel Regno Unito, poco più di 6000 firme per 46 milioni di elettori. Circa quindici volte meno che in Italia. In Spagna ne servono la metà rispetto all’Italia. In Germania, semplicemente, le firme non vanno autenticate e quindi possono essere raccolte dovunque e da chiunque. Si chiama democrazia.