Il tema dell’immigrazione è di certo quello che più sta infiammando l’Europa negli ultimi giorni. I rapporti tra Francia e Italia sono molto tesi a causa della gestione della Humanity 1, nave della ong Sos Humanity, che l’Italia si era rifiutata di far attraccare e che infine si era diretta in Francia, dove ha sbarcato i migranti a bordo. Dopo questo episodio la Francia ha annunciato la sua intenzione di non partecipare più a un meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo che arrivano via mare in Italia, violando gli accordi presi in sede Ue lo scorso giugno.
L’accordo che stabilisce il meccanismo di ricollocamento era stato firmato a giugno da una coalizione di 18 paesi dell’Unione Europea più tre che non ne fanno parte, cioè Norvegia, Svizzera e Liechtenstein. Non è propriamente un trattato, quindi un accordo formale e vincolante, ma una dichiarazione politica. Impegna gli stati che l’hanno firmato ad applicare un «meccanismo di solidarietà» per fornire «assistenza ai paesi membri più interessati dai flussi migratori nel Mediterraneo», cioè ospitare ed esaminare le richieste formali di protezione di una parte dei richiedenti asilo che ogni anno arrivano sulle coste di Italia, Grecia e Spagna, e in misura minore Malta e Cipro. Un accordo simile era stato fatto anche nel 2019.
Nel 2021, secondo i dati dell’Agenzia Onu per i rifugiati, sono entrati via mare nei paesi dell’Unione Europea 117.496 richiedenti asilo. L’accordo del 2022 prevedeva di ricollocarne entro l’estate del 2023 diecimila, quindi una parte quasi simbolica. Si poteva aderire su base volontaria: sei paesi dell’Unione Europea avevano deciso di non partecipare (Austria, Polonia, Ungheria, Danimarca, Lettonia e Slovacchia). Gli altri avevano aderito soprattutto per dimostrare vicinanza politica e dare un piccolo aiuto concreto ai paesi costieri, nell’ambito di quello che la maggior parte dei paesi dell’Unione ritiene un vuoto normativo nella gestione dei richiedenti asilo.
Ad oggi la principale norma europea in tema di immigrazione e accoglienza è il cosiddetto Regolamento di Dublino, entrato in vigore nel 1997 e aggiornato l’ultima volta nel 2013. Il Regolamento stabilisce che il compito di ospitare ed esaminare la richiesta di asilo di una persona che entra irregolarmente in territorio europeo debba essere il primo stato in cui mette piede. Ma quando i flussi aumentarono, come successo fra 2013 e 2015 soprattutto per via di guerre civili in Libia e in Siria, il sistema saltò: fra 2015 e 2016 buona parte dei paesi del Sud Europa smisero di registrare le decine di migliaia di richiedenti asilo in arrivo e lasciarono che si distribuissero nel resto dei paesi dell’Unione.
Allora gran parte dei paesi europei si impegnò per cambiare il Regolamento di Dublino. Dopo due anni di intensi negoziati, nel 2017 il Parlamento Europeo approvò con una maggioranza trasversale una proposta che prevedeva l’eliminazione del criterio del “primo ingresso”, e di sostituirlo con un meccanismo obbligatorio di ripartizione dei richiedenti asilo fra i 27 stati dell’Unione. Il numero massimo di richiedenti asilo da ospitare sarebbe stato stabilito da una quota, diversa per ogni paese, in base al Pil e alla popolazione.
La proposta fu poi respinta in sede di Consiglio dell’Unione Europea, l’organo in cui siedono tutti i governi dell’Unione e in cui per la maggior parte delle questioni serve un voto all’unanimità. Alla riforma si opposero diversi paesi dell’Est Europa, tradizionalmente ostili ad accogliere richiedenti asilo da Nord Africa e Medio Oriente. Ma i paesi dell’Est furono anche spalleggiati dall’estrema destra europea, che chiedeva invece misure più intransigenti e meno incentrate sull’accoglienza dei richiedenti asilo. Al voto finale del Parlamento Europeo la Lega si astenne e il Movimento 5 Stelle votò contro. Sia il primo governo Conte, sostenuto proprio dalla Lega e dal M5S, sia l’attuale governo di destra non sostengono alcuna proposta di riforma europea, sostenendo che sia necessario trovare delle misure per evitare che le navi dei migranti sbarchino inevitabilmente in Italia.
In assenza di una riforma strutturale è prevedibile che accordi politici estemporanei come quelli del 2019 e del 2022 non vengano rispettati facendo esplodere tensioni fra governi nazionali, come successo tra Francia e Italia. I paesi che a giugno si erano impegnati ad accogliere il numero più alto di richiedenti asilo dai paesi costieri, Germania e Francia, in queste settimane si sentono comunque legittimati a non fare di più perché ritengono che l’Italia non stia facendo abbastanza per contrastare i cosiddetti “movimenti secondari”, cioè dei richiedenti asilo che arrivano in Italia ma riescono a non farsi registrare dalle autorità italiane per proseguire il tragitto e fare richiesta d’asilo in uno dei ricchi paesi del Nord.
Sui cosiddetti “movimenti secondari” non ci sono dati precisi. Nel 2021 sono arrivate via mare in Italia 67.477 persone. Ma le richieste di asilo nello stesso anno sono state 45.200: significa che circa 22mila persone, un terzo di quelle arrivate, sono riuscite a non farsi registrare dalle autorità italiane e a chiedere asilo altrove. Nel 2021 le richieste di asilo sono state 148.175 in Germania e 103.790 in Francia, i due paesi principali destinatari dei “movimenti secondari”.
In questo momento la situazione è in stallo. I paesi del Sud Europa come l’Italia si lamentano che i paesi del Nord non stiano rispettando gli accordi per una redistribuzione volontaria, mentre i paesi del Nord accusano l’Italia di non fare abbastanza sui “movimenti secondari” e si rifiutano di accogliere richiedenti asilo tramite il meccanismo di solidarietà volontaria.