Un aumento importante dei casi di miocardite, diagnosticati anche a ragazzi in età giovanissima. Una parte della scienza continua a far finta di niente, rubricandole come “morti improvvise”, ma alcuni medici per fortuna, hanno invece il coraggio di porsi delle domande. Uno studio canadese che ha indagato un’ampia fetta di popolazione, in diverse fasce d’età, ha sottolineato come le infiammazioni al cuore siano state, fino a marzo 2022, 150 volte superiori rispetto alla previsioni basate sul trend degli anni precedenti. Un’anomalia che in tanti collegano alla vaccinazione di massa.
Nel marzo 2022 e dopo la seconda dose di vaccino le miocarditi diagnosticate nei ragazzi tra i 18 e i 29 anni sono state 148,32 volte più frequenti di quanto previsto in base al numero di casi registrati negli anni precedenti: i dati, contenuti in uno studio diffuso dalla rivista scientifica canadese Canadian medical association journal, riguardano 4 milioni e mezzo di vaccinati della Columbia britannica, provincia nell’ovest del Paese.
Come spiegato sulle pagine della Verità lo studio ha visto gli autori monitorare 4 milioni e mezzo di persone inoculate misurando i tassi degli effetti collaterali cardiaci a 7 e 21 giorni dalla prima, seconda e terza dose. Complessivamente si sono verificate 99 miocarditi su 100.000 somministrazioni a una settimana dalla puntura contro le 6,7 preventivate.
Secondo lo studio, i tassi di miocardite sarebbero superiori tra i ragazzi in età compresa tra 12 e 17 anni e 18-29 anni, soprattutto se di sesso maschile. Il rischio massimo sembrerebbe successivo alla seconda dose di Moderna: dai 18 ai 29 anni, entro 7 giorni dalla somministrazione il tasso di miocarditi schizzava a 22,05 per 100 mila inoculazioni. Evidenze simili sono state riscontrate per la finestra a 21 giorni. In termini di incidenza, le miocarditi tendevano a verificarsi soprattutto in seguito al ciclo primario, tranne che tra gli adolescenti vaccinati con Pfizer, a 21 giorni dal richiamo. Il rapporto tra casi osservati e casi attesi, invece, era quasi sempre più elevato con il booster.
Del resto, dei risvolti problematici della vaccinazione nelle fasce 12-18 e 18-29 aveva già parlato, lo scorso febbraio, uno studio pubblicato dall’European journal of clinical investigation: «Nei ragazzi tra 12 e 17 anni, la vaccinazione con due dosi era uniformemente vantaggiosa solo in ragazze non immuni al Covid con comorbidità. Nei ragazzi con una pregressa infezione e nessun’altra patologia, persino una sola dose comportava più rischi che benefici». Una evidenza che da quasi due anni la comunità scientifica finge di non vedere.