Il prezzo dei carburanti va alle stelle. Picchi anomali e talmente elevati che non trovano riscontro alcuno nell’andamento delle quotazioni petrolifere, che sono in realtà in ribasso (78 dollari a barile, il 4% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). L’aumento dei prezzi al dettaglio di benzina e gasolio è frutto di una speculazione da parte di petrolieri e benzinai o è semplicemente la conseguenza del fatto che sono state ripristinate le accise che erano state congelate nei mesi scorsi? Il governo sospetta si tratti della prima ipotesi: fonti del ministero dell’Economia e delle Finanze confermano che il ministro Giancarlo Giorgetti ha già dato mandato, lo scorso dicembre, alle Fiamme Gialle di monitorare la situazione.
Da inizio anno, cioè da quando il governo ha cancellato definitivamente tutto lo sconto sulle accise, i prezzi dei carburanti continuano a crescere. E dopo la benzina segnalata nei giorni scorsi a quota 2 euro in alcune stazioni oggi è il caso del gasolio che i consumatori del Codacons fotografano verso i 2,5 euro al litro in autostrada. E si registrano picchi “anomali” nelle Eolie o in Sardegna dove far arrivare la benzina costa di più. Proibitivi i prezzi in autostrada: in modalità servito la verde arriva a costare 2,392 euro al litro sulla A1 Roma-Milano, e il gasolio viaggia verso 2,5 euro al litro (2,479 euro).
Il Codacons ha avviato una nuova offensiva legale che chiama in causa l’Antitrust chiedendo di aprire una istruttoria per la possibile fattispecie di intesa anticoncorrenziale. «Vogliamo capire se all’interno della filiera dei carburanti ci siano cartelli, accordi o altre strategie vietate dalla legge tese a far salire immotivatamente i listini di benzina e gasolio alla pompa – spiega il Codacons – Al netto dell’aumento delle accise deciso dal Governo che non ha prorogato lo sconto di 18,3 centesimi, l’incremento dei prezzi registrato negli ultimi giorni presso i distributori di tutta Italia sembra non rispondere all’andamento delle quotazioni petrolifere». Codacons che ha anche deciso di lanciare un boicottaggio nazionale dei distributori più cari, invitando «gli automobilisti italiani a verificare i prezzi sul proprio territorio, anche attraverso le apposite app che segnalano i gestori più convenienti, e a non fare rifornimento presso le pompe che applicano prezzi eccessivi».
La Figisc (uno dei sindacati che rappresentano i benzinai italiani) definisce «fake news» le accuse di avere artificiosamente gonfiato il prezzo dei carburanti. Il sindacato calcola che in media il prezzo alla pompa della benzina è passato in modalità self da 1,626 euro (31 dicembre 2022) a 1,810 (5 gennaio 2023). Un rialzo di circa 18 centesimi per litro; nello stesso periodo la tassazione – secondo i calcoli della Figisc – è aumentata in eguale misura. Stesso andamento ha seguito la «curva» del gasolio. Nel frattempo le quotazioni della materia prima sono rimaste praticamente ferme. Conclusione: «L’aumento dei prezzi alla pompa corrisponde specularmente all’aumento dell’accisa e dell’Iva, senza spunti di natura speculativa alla distribuzione» rimarca Figisc.
D’altro canto si può notare che oggi la quotazione del petrolio è ridiscesa sotto ai livelli che aveva prima dell’attacco russo all’Ucraina. Agli inizi di febbraio 2022 il petrolio costava circa 90 dollari al barile; lo stesso indice aveva raggiunto la sua vetta il 9 marzo (130 dollari). Fino a giugno era proseguito un periodo di «montagne russe» con il greggio costantemente sopra i 100 dollari. Da lì era cominciata una lenta ma costante discesa fino ai 76 dollari del 9 dicembre scorso . Da allora il prezzo si è abbastanza stabilizzato sui 79 dollari. Nello stesso periodo il costo della benzina al litro (secondo le rilevazioni del ministero dell’ambiente) è passato da 1,849 euro al litro (24 febbraio, giorno dello scoppio delle ostilità) a 2,184 (il 14 marzo 2022). Per poi imboccare un sentiero di discesa fino ai minimi (1.659) del 28 novembre scorso.