In difesa della libertà d’informazione il New York Times porta in tribunale la Commissione europea. Le conversazioni segretissime fra Ursula Von der Leyen e il Ceo di Pfizer Alber Bourla sono l’oggetto della contesa. Il caso risale ad aprile 2021, quando il New York Times ha pubblicato la notizia del il maxi-accordo europeo sulle dosi di vaccino stipulato con messaggi e chiamate personali. La fornitura, pari a 2.3 miliardi di dosi, acquistata ad un prezzo al rialzo, ben 19.50 euro a fiala, è stata ordinata su una chat WhatsApp.
Il New York Times sostiene che la Commissione aveva l’obbligo di rendere pubblici i messaggi, in nome della trasparenza, «perché potrebbero contenere informazioni utili legate all’acquisizione per miliardi di dollari di dosi di vaccino». Cosa si erano scritti? Di quali cifre si stava parlando? Il Ceo di Pfizer si è sempre sottratto e non ha mai dato risposte, ora dovrà farlo, in tribunale, Ursula von der Leyen.
Nel gennaio 2022 la Commissione non ottemperò alla richiesta del giornalista Alexander Fanta, di netzpolitik.org, che aveva chiesto di poter leggere lo scambio di sms tra von der Leyen e il ceo di Pfizer. La reazione delle istituzioni europee alla fuga di notizie è però stata deludente, gettando lunghe ombre sull’operato della Commissione. «Non troviamo più le chat» avevano affermato gli alti rappresentanti. «I messaggi potrebbero essere stati cancellati, a causa della natura effimera», aveva addirittura dichiarato Vera Jourová, commissaria alla Trasparenza per l’Unione Europea. Ad una tale reazione le ipotesi di corruzione fioccarono e sul rapporto fra Von der Layen e Bourla si fecero numerose speculazioni.
Senza però poter accedere ai messaggi, tutto il lavoro d’inchiesta è stato bloccato. Il New York Times passa quindi alle maniere forti. La causa è stata depositata il 25 di gennaio nel registro pubblico della Corte di giustizia europea, ma online non sono ancora disponibili informazioni dettagliate. Il New York Times ha dedicato grande attenzione alla trattativa e in un comunicato fa sapere: «Presentiamo molte richieste di accesso a documenti di interesse pubblico. Non possiamo fare commenti questa volta sul soggetto al centro della causa». La Commissione Europea non ha rilasciato dichiarazioni. Ora sarà il tribunale a stabilire cosa sia successo davvero. Un altro passo importante verso la verità.