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È entrato in vigore il tetto al prezzo del gas, anche se adesso non serve più

Il meccanismo, oggi, sembra difficilmente applicabile: il prezzo del gas è sceso al livello del 2021, quello precedente alla guerra

Redazione di Redazione
Febbraio 16, 2023
in Mondo
Tempo di lettura: 3 mins read
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È entrato in vigore il te al prezzo del gas, anche se adesso non serve più

Se ne parla da quasi un anno, ma solo ora è entrato in vigore il tetto europeo al prezzo del gas, cioè il limite massimo di prezzo entro cui può essere acquistato il gas sui mercati energetici nell’Unione europea. Il tetto era stato proposto per tenere sotto controllo i costi dell’energia e per evitare che la Russia potesse vendere il gas a prezzi esorbitanti ai paesi europei, dopo che questi ultimi l’avevano sanzionata a causa dell’invasione in Ucraina.

Il meccanismo, oggi, sembra difficilmente applicabile: il prezzo del gas è sceso al livello del 2021, quello precedente alla guerra e molto al di sotto del tetto stabilito dall’Unione europea. Con l’inizio della guerra in Ucraina il prezzo del gas era aumentato moltissimo a causa del timore che in risposta alle sanzioni la Russia avrebbe smesso di fornirlo all’Unione europea, che ne era invece molto dipendente; le quotazioni avevano raggiunto lo scorso agosto i massimi storici, superando i 300 euro al megawattora. Oggi il prezzo del gas è molto inferiore: costa poco più di 50 euro al megawattora, l’85% in meno del picco di quest’estate.

L’Unione europea ha quindi pensato di imporre un tetto al prezzo del gas per tenere sotto controllo il costo dell’energia. Ma la misura ha avuto un percorso piuttosto difficile e l’approvazione è arrivata solo a dicembre. I paesi europei non riuscivano a mettersi d’accordo: quelli più contrari erano Germania, Austria e Paesi Bassi, che temevano che con un limite di prezzo i fornitori di gas lo avrebbero venduto più profittevolmente altrove e che potevano permettersi di pagare prezzi altissimi pur di non rimanere senza; dall’altro lato c’erano circa una quindicina di paesi, tra cui soprattutto Italia, Francia e Spagna, che spingevano molto sull’introduzione di un tetto al prezzo del gas per abbassare i costi dell’energia.

Molti attribuiscono al price cap il merito di aver abbassato le quotazioni: la sola presenza di uno strumento da attivare in caso di eccessivi rialzi dei prezzi avrebbe frenato le aspettative degli operatori, che vendevano e compravano consci che le quotazioni non sarebbero mai potute andare sopra la soglia definita dal tetto al prezzo del gas. Ma a contribuire sarebbero state invece normali dinamiche di mercato.

Innanzitutto si sono ridotti i consumi. A causa di un autunno e un inverno mediamente più miti della norma, la domanda di gas per il riscaldamento si è ridotta e con questa le quotazioni. Oltre al clima mite, hanno avuto un ruolo anche i piani di riduzione dei consumi di energia: a luglio i paesi dell’Unione europea si erano impegnati a ridurre del 15% il consumo di gas naturale fino a marzo del 2023. L’obiettivo dell’accordo era soprattutto di evitare di arrivare in inverno in una situazione di emergenza.

Gli stoccaggi europei sono ancora piuttosto pieni e questo contribuisce a tenere basse le quotazioni. L’Unione europea ha ancora moltissimo gas, più di quanto gliene serva, e questo spinge al ribasso i prezzi. Durante la scorsa estate i governi hanno cercato di riempire il più velocemente possibile gli stoccaggi – vecchi giacimenti esauriti che ora fungono da “deposito” – acquistando così tanto gas e in tempi così rapidi da far salire moltissimo i prezzi. In Italia sono operativi 13 punti di stoccaggio di gas e queste riserve hanno un ruolo chiave per la sicurezza energetica, perché garantiscono l’approvvigionamento e consentono di bilanciare il mercato tra domanda e offerta.

Il ricorso agli stoccaggi in tempi normali serve per attingere alla materia prima che è stata pagata meno rispetto ai prezzi correnti di mercato, soprattutto durante i picchi di consumo dell’inverno quando le quotazioni tendono a essere più alte. In teoria, il complesso delle scorte potrebbe offrire oltre un terzo del consumo invernale (pari a circa 50 miliardi di metri cubi di gas), ma in condizioni normali si usano per non più del 25-28%del fabbisogno. La restante parte è garantita dalle importazioni e dalla produzione nazionale, la quale però è residuale e pari circa al 4% del fabbisogno. I governi durante questo inverno non hanno avuto bisogno di attingere alle scorte, perché sui mercati il gas non è mai mancato, con la conseguenza che nell’Unione europea sono rimaste a un livello mai visto in questo periodo dell’anno.

Tags: GasPrice cupTetto al prezzo del gasUnione europea
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