Ora che il peggio è alle spalle, gli Stati europei si ritrovano con una abbondante eccedenza di vaccini disponibili rispetto all’effettiva domanda e chiedono, all’unanimità, di cancellare o rivedere gli accordi sottoscritti in piena pandemia tra l’Ue i produttori farmaceutici. Che, come era prevedibile, non sembrano affatto intenzionati a cedere. In merito ai negoziati si è saputo solamente che Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, avevano trattato tramite messaggi una fornitura di 1,8 miliardi di dosi di vaccino anti-Covid.
Adesso alcuni Paesi si sono spinti fino a chiedere la pura e semplice cancellazione degli accordi. Ma le case farmaceutiche, forti dei contratti firmati con le capitali nel pieno della pandemia, non hanno mostrato la minima intenzione di rinegoziarli. È il quadro che emerge dal verbale dell’ultimo collegio dei commissari svoltosi lo scorso 13 dicembre a Strasburgo, che l’agenzia di stampa Adnkronos ha potuto visionare. In quella sede, la commissaria europea alla Salute, Stella Kyriakides, ha esposto la situazione di stallo, che rappresenta una sorta di ricatto da parte delle Big Pharma.
Un vero contratto capestro, dunque. Ma c’è di più: è stato il nostro ministro della Salute, Orazio Schillaci, a rivelare, la settimana precedente al Consiglio della Salute, un dettaglio dei contratti che non era noto. Il ministro aveva informato che gli Stati sono costretti, nel caso in cui un cittadino citi in giudizio una casa farmaceutica per un effetto collaterale del vaccino, a pagare le spese legali in cui incorrono i produttori. In sostanza, a pagare loro gli avvocati ed ogni spesa accessoria.
Gli Stati membri dell’Ue hanno chiesto alla Commissione Europea di rinegoziare i contratti siglati con le case farmaceutiche per la fornitura di vaccini contro la Covid-19. Alcuni Paesi si sono spinti fino a chiedere la pura e semplice cancellazione degli accordi. Ma le case farmaceutiche, forti dei contratti firmati con le capitali nel pieno della pandemia, non hanno mostrato la minima intenzione di rinegoziarli. E’ il quadro che la commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides ha fatto nell’ultimo collegio dei commissari del 2022, il 13 dicembre scorso a Strasburgo, come emerge dal verbale della riunione, consultato dall’Adnkronos.
Kyriakides era reduce dal Consiglio Salute tenutosi la settimana prima a Bruxelles, nel quale il ministro Orazio Schillaci, in sessione pubblica, aveva rivelato un dettaglio dei contratti che non era noto, dato che la Commissione li ha pubblicati solo con omissis molto estesi. Il ministro aveva informato che gli Stati sono costretti, nel caso in cui un cittadino citi in giudizio una casa farmaceutica per un effetto collaterale del vaccino, a pagare le spese legali in cui incorrono i produttori, in pratica a pagare loro gli avvocati. I contratti quadro, o Advanced Purchase Agreement (Apa in gergo), sono stati negoziati dalla Commissione in un periodo in cui la pandemia infuriava in Europa: si sapeva che la responsabilità giuridica di eventuali effetti collaterali era uno dei punti più delicati. La mancanza di trasparenza riguardo ai contratti ha esposto la Commissione a ripetute critiche, tanto che la presidente Ursula von der Leyen è stata recentemente citata in giudizio alla Corte di Giustizia Ue dal New York Times per i messaggi scambiati con l’ad della Pfizer Albert Bourla, che secondo l’esecutivo Ue sono stati cancellati.
Gli Stati Ue si ritrovano legati a contratti piuttosto onerosi, con i quali si sono impegnati ad acquistare dosi di vaccini in quantità che era molto difficile ‘dimensionare’ in modo adeguato, dato che l’evoluzione della pandemia era impossibile da prevedere. Già a giugno del 2022 diversi Paesi avevano iniziato a premere in questo senso. Come si evince dal verbale della riunione del 13 dicembre scorso, alcuni Stati hanno richiesto la cancellazione definitiva delle ulteriori forniture. Ma, Al momento, nonostante le contrattazioni avviati dalla Commissione europea attraverso l’HERA – l’Agenzia per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, creata con un certo tempismo, nel 2021, per preparare l’Unione ad una futura pandemia – «i produttori di vaccini non sono disponibili a ridurre il numero di dosi”. I ministri hanno quindi “accolto con favore” – si legge ancora nel verbale – la proposta di convocare un incontro del comitato direttivo sui vaccini “a livello ministeriale all’inizio del 2023, alla presenza di rappresentanti delle compagnie farmaceutiche, in modo che gli Stati possano esprimere le proprie lamentele e raggiungere un accordo con loro».