La «più grande truffa ai danni dello Stato», una «bomba sociale pronta a esplodere», un «enorme buco» nei conti. Quando nel dibattito pubblico si discute del Superbonus al 110%, se ne parla sempre in termini non idilliaci. E lo sa bene Giuseppe Conte, ideatore della misura. «Oggi lo chiamano ‘buco’, ma dall’opposizione Fratelli d’Italia chiedeva di estendere e prorogare il Superbonus. La Lega nel 2022 sottolineava che il Superbonus ha creato lavoro per imprese, artigiani e operai e valore per le famiglie. Oggi scopriamo che gli stessi Ministri di Governo e le stesse forze politiche che lo difendevano a gran voce hanno il mal di pancia solo a parlare di Superbonus».
L’attenzione si focalizza quasi sempre sui costi lordi per le casse dello Stato, indubbiamente ingenti e di gran lunga sottostimati inizialmente. Secondo il Corriere della Sera, dopo le misure del Governo di primavera per sbloccare la montagna di crediti incagliati, l’ammontare complessivo dei crediti legati ai bonus edilizi è salito di altri 35 miliardi tra marzo e agosto, portando il conto a 143 miliardi di euro. Relativamente al solo Superbonus, il costo fin qui conteggiato è arrivato a 93 miliardi.
All’alba della sessione di bilancio che dovrà definire i contorni e i contenuti della prossima manovra finanziaria, e in mezzo a un complesso negoziato europeo per la riforma del Patto di Stabilità sui nuovi vincoli fiscali che scatteranno nel 2024, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e la premier Giorgia Meloni dovranno farsi bastare le esigue risorse a disposizione. «Faremo una legge di bilancio prudente e che tenga conto delle regole di finanza pubblica», ha detto il ministro Giorgetti al Forum Ambrosetti di Cernobbio, puntando il dito contro il Superbonus: «A pensarci mi viene il mal di pancia, non solo per gli effetti negativi sui conti pubblici ma perché ingessa la politica economia lasciando margini esigui ad altri interventi. A proposito dei 100 miliardi, questo Governo ne ha pagati 20 e altri 80 sono da pagare. La cena l’han mangiata tutti e poi si sono alzati dal tavolo. A noi resta da pagare il conto che va nel Patto di Stabilità del 2024, 2025, 2026».
Ma l’ex presidente del Consiglio, che varò il credito fiscale al 110 %, ha difeso la misura. Intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio, ha detto che se nel biennio 2021-22 «siamo stati la locomotiva d’Europa con una crescita cumulata dell’11%, il merito è in gran parte proprio del Superbonus. Non è Tele5stelle a dirlo – ha affermato Conte – è scritto nella relazione dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, che il 40% di quell’11% di Pil è dovuto a questo meccanismo».
Quantificare i benefici del Superbonus è molto più complesso rispetto al tener conto dei costi. Ed è quanto scrive la Fondazione Nazionale dei Commercialisti: «È evidente che se si considera adeguatamente l’effetto di retroazione fiscale, l’impatto del Superbonus 110% sulle finanze pubbliche è addirittura positivo, nel senso che l’incremento di Pil generato, comunque, a debito, cioè facendo deficit, sarebbe superiore all’impatto sul debito, migliorando, in termini percentuali, i fondamentali di finanza pubblica». Tuttavia la premier Meloni non manca di tacciare la misura sempre e solo come una sciagura per le finanze dello Stato. E politicamente ha validi motivi per farlo: il suo governo è costretto a operare con uno spazio di manovra ridotto, oltre che per il ritorno dei vincoli del Patto di Stabilità, anche a causa dell’effetto trascinato di misure di cui non è l’artefice, a meno che non voglia adottare cesure col passato potenzialmente esplosive in termini sociali che politicamente rischiano di essere tanto sconvenienti quanto il venir meno alle promesse fatte in campagna elettorale, se non di più.