Dimissioni in arrivo? Dopo la conferma da parte del Riesame degli arresti domiciliari, Giovanni Toti sembra pensare al passo indietro. «È chiaro che oggi per me la poltrona di Presidente è maggiormente un peso che un onore. Forse sarebbe stato più facile, fin da subito, sbattere la porta, con indignazione, al solo sospetto…Non mi spaventa rinunciare ad un ruolo a cui pure sono legato. Vedo come una liberazione poter ridare la parola agli elettori. Nei prossimi giorni, con il permesso dei magistrati, tornerò ad incontrarmi con gli amici del movimento politico, gli alleati. E le scelte che faremo saranno per il bene della Liguria», scrive Giovanni Toti, il governatore della Liguria agli arresti domiciliari dallo scorso 7 maggio con l’accusa di corruzione in una lettera al suo avvocato Stefano Savi.
Intanto, l’esponente di Noi moderati ha chiesto di incontrare il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e i due assessori regionali Giacomo Giampedrone e Marco Scajola. I confronti serviranno in prima battuta a fissare la linea da seguire per mandare avanti la Regione dopo la decisione del Riesame. «Il limite che ci siamo dati è quello della Cassazione», dice alla fine di una lunga mattinata un fedelissimo del presidente sospeso della Liguria, dopo che il Riesame ha negato la revoca dei domiciliari. «Oltre, non possiamo andare, perché non teniamo più».
Toti, ai domiciliari dal 7 maggio per corruzione, nelle scorse settimane aveva già incontrato il presidente facente funzioni Alessandro Piana e i sue due assessori fedelissimi, ma anche il deputato e coordinatore ligure di Fratelli d’Italia Matteo Rosso, il viceministro e segretario della Lega Liguria Edoardo Rixi e il coordinatore regionale di Forza Italia Carlo Bagnasco. A chiudere i summit erano stati Maurizio Lupi e Pino Bicchielli, rispettivamente leader e deputato di Noi Moderati.
Gli stessi giudici del Riesame, nel provvedimento con cui hanno rigettato l’istanza di revoca dei domiciliari, hanno sottolineato come fosse corretto chiedere nuovi incontri con esponenti politici. I giudici hanno anche sottolineato, nell’ordinanza, che i finanziamenti ricevuti dal presidente “non sono tutti regolarmente tracciati”, contrariamente a quanto da lui sostenuto anche nell’interrogatorio. Per il Riesame, Toti non avrebbe capito le accuse e per questo potrebbe reiterare il reato.
Non si aspettavano la libertà, ma neppure la conferma degli arresti domiciliari. Qualcosa che ridesse a Toti un minimo di agibilità politica. Quella cui tiene di più, al punto di avere caldamente suggerito una linea difensiva che antepone la tutela della propria posizione istituzionale alle eventuali ragioni dell’indagato. Le chat e i telefonini ribollono, bisogna darsi da fare, non dare l’impressione di aver subito la decisione di lasciarlo ai domiciliari.
Tutto va avanti come sempre. Dichiarazioni congiunte, unità di intenti. La ristretta cerchia totiana si mobilita, progetta contromosse. C’è l’idea di una manifestazione di solidarietà, poi derubricata in convegno, da tenersi all’hotel Bristol che fu il quartier generale e la residenza dell’allora europarlamentare di Forza Italia ai tempi della sua prima vittoria alle elezioni regionali. Ma potrebbe non bastare. Le carte sarebbero ancora in mano a Toti, perché se decidesse di dimettersi adesso, in Liguria si terrebbero le elezioni a novembre, insieme a Emilia-Romagna e Umbria, anch’esse due regioni dove il centrodestra non parte con il favore del pronostico. Per gli alleati è meglio prendere tempo, che più tardi si vota, meglio è.