«Non si tratta di se ma di quando». Dopo le parole pronunciate dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden l’adesione dell’Ucraina alla Nato appare sempre più vicina. Nel suo 75esimo summit a Washington l’Alleanza atlantica ha rafforzato il suo impegno nei confronti di Volodymyr Zelensky garantendogli il tanto agognato ingresso nel patto difensivo.
Nella dichiarazione finale del vertice la Nato utilizza il termine “irreversibile” per definire il percorso di Kiev verso l’adesione. Ma al leader ucraino non basta. Da mesi Volodymyr Zelensky preme sui leader occidentali: dateci una data, disegnate un percorso chiaro da completare entro una scadenza prefissata. Ma è una richiesta irricevibile per i 32 Capi di Stato e di governo della Nato. Per diverse ragioni.
La prima spiegazione che rimanda alle forme, alle procedure. Per esempio è impossibile prevedere quanto tempo ci vorrà perché l’ingresso del nuovo socio sia approvato dai Parlamenti dei singoli Paesi membri. Abbiamo appena visto i ritardi subiti dalla Finlandia e soprattutto dalla Svezia, a causa dell’ostruzionismo della Turchia.
Ma c’è un problema più politico. Il Trattato dell’Alleanza impedisce l’ammissione di un Paese coinvolto in un conflitto. Nell’articolo 5 della Carta si legge: in caso di aggressione esterna a uno Stato, tutti gli altri accorrono in soccorso. Ora è evidente che se l’Ucraina venisse inglobata nella Nato mentre è ancora in corso il conflitto con la Russia, ci sarebbe l’automatico allargamento delle ostilità anche a tutti gli altri. Sarebbe, insomma, la terza guerra mondiale: la Nato contro la Russia.
Nessuno, nell’Alleanza, vuole arrivare a questo punto. L’Ucraina, quindi, resterà fuori dal perimetro Nato fino a quando non terminerà la guerra. Girano diverse previsioni, ma nessuno, a cominciare dagli Stati Uniti, si pronuncia pubblicamente. E proprio per questo non si può indicare neanche una scadenza, vicina o lontana che sia. Nel comunicato finale del summit si resta nel vago: non ci sarà alcuna data, alcuna scadenza precisa.