Con le notizie sul possibile ritiro di Joe Biden, si fanno sempre più insistenti le voci di una sostituzione del candidato democratico nella corsa per le presidenziali americane. Il primo nome è quello di Kamala Harris. Con l’obiettivo di assicurare che la vicepresidente sia la prescelta a raccoglierne l’eredità di Biden, una “campagna ombra” è stata lanciata con contatti a tutto campo, soprattutto fra i donatori, per farle avere tutto il sostegno necessario nel breve arco di tempo che manca alla convention democratica di agosto.
Ma Kamala Harris può vincere contro Trump? Se lo è chiesto in primis, secondo Cnn, lo stesso Biden e ora se lo chiedono gli istituti dei sondaggi. Secondo Public Policy Polling, istituto molto ascoltato dai democratici, la Harris con il giusto vice (i due governatori di Pennsylvania, Josh Shapiro e del Michigan, Gretchen Withmer) potrebbe probabilmente battere la coppia Trump-Vance in due stati critici come Pennsylvania e Michigan. Un sondaggio di YouGov condotto tra il 13 e il 16 luglio, rileva che Biden perderebbe con Trump 41% a 43% mentre Harris otterrebbe un risultato leggermente peggiore, perdendo con Trump 39% a 44%.
Finora Harris si è mostrata una collaboratrice leale di Biden difendendolo strenuamente dagli attacchi piovuti dopo il dibattito tv con Trump, ma deve fare i conti con un gradimento che non ha mai raggiunto altissimi livelli. Anzi, li ha visti calare durante i quattro anni in cui è stata la prima donna a occupare la seconda più importante carica negli Stati Uniti, nonché la prima afroamericana e la prima asiatica americana in quella posizione.
Harris ha frequentato la Howard University e la University of California, Hastings College of the Law. È diventata poi procuratrice distrettuale di San Francisco (2004-2011), anche in questo prima donna e prima afroamericana in questa posizione. Successivamente, è stata procuratrice generale della California per due mandati (2011-2017), ancora una volta infrangendo le barriere di prima donna e prima afroamericana a raggiungere tale obiettivo.
Harris è stata quindi eletta al Senato degli Stati Uniti nel 2016, durante il suo mandato ha fatto parte di diverse commissioni, tra cui la commissione Giustizia, dove si è guadagnata l’attenzione nazionale per le sue domande su funzionari e candidati dell’amministrazione Trump. Sfidante di Biden nelle primarie democratiche per la Casa Bianca del 2020, è stata scelta dall’attuale presidente come propria vice, e si è distinta per il suo impegno sulla riforma della giustizia penale, l’assistenza sanitaria, l’immigrazione e il diritto di voto.
Harris, pur essendo donna e afroamericana, paga le divisioni nel Partito democratico tra l’anima progressista e quella moderata, che solo Biden è riuscito a bilanciare. I progressisti criticano Harris fin dalla sua attività di procuratrice, sostenendo che abbia appoggiato politiche repressive che hanno colpito soprattutto le minoranze.
Intanto però gli alleati di Kamala Harris lavorano per assicurarsi che la vicepresidente sia la prescelta nel caso in cui Joe Biden dovesse ritirarsi. La campagna dietro le quinte ha già iniziato il suo pressing nella consapevolezza che la vicepresidente parte da una posizione di svantaggio. Harris erediterebbe i milioni raccolti dalla campagna Biden-Harris ma il suo staff sta già lavorando affinché i donatori democratici dirottino i fondi su quella che sarebbe la seconda donna candidata alla Casa Bianca dopo Hillary Clinton. Hanno iniziato a muoversi le organizzazioni di donne ma si fa tutto in anonimato perché la posizione della Harris in questo momento è molto delicata. Nel frattempo Harris deve convincere i leader democratici di essere la migliore soluzione per rimpiazzare Biden e deve evitare una convention aperta ad agosto.