Tanta musica. Ma non è un concerto. Immagini non stop, ma non è un film. Incredibili coreografie, ma non è un balletto. Costumi sfarzosi, grandi scenografie e trovate narrative, ma non è teatro. Una cascata di effetti speciali, ma non è un’esibizione di magia. Clown e acrobazie mozzafiato, ma non è circo. È tutto questo e molto di più. È il Cirque du Soleil, sinonimo di spettacolo a 360 gradi che mette insieme una molteplicità di linguaggi, ma anche esempio di azienda di successo e di tecniche manageriali citata in uno dei più importanti libri di management pubblicati negli ultimi anni, “Strategia Oceano Blu. Vincere senza competere” di Kim W.Chan, Renèe Maurborgne.
In una fase di crisi del settore circense, affollato di competitor che davano vita ad una escalation di offerta di intrattenimento a fronte di un pubblico in costante calo, il Cirque du Soleil, invece, è uscito dall’arena competitiva tipica degli oceani rossi popolati da squali. Come? Eliminando gli animali, impensabile per un circo, tagliando le costose star internazionali dagli show, tornando a una sola pista e un solo tendone, estendendo il pubblico circense anche agli adulti, aumentando l’umorismo e il divertimento, inserendo musiche e danze, aumentando i prezzi dei biglietti e riducendo i costi di gestione. Risultato? In meno di vent’anni il Cirque du Soleil, fondato nel 1984 dalle parti di Montreal, in Canada, è diventato una delle compagnie circensi più famose al mondo, con oltre cento milioni di spettatori in quattro continenti, capace di battere e neutralizzare la competizione nel circo. Mettendo l’immaginazione al potere, il Cirque du Soleil aveva vinto la competizione di mercato.
Quindi sorprende e rattrista la notizia della richiesta di amministrazione straordinaria per ristrutturare il suo debito. Ovvero, la dichiarazione di bancarotta a causa del Covid-19. Sorprende, perché è la sconfitta di un’azienda modello, che aveva superato con successo una crisi strutturale. Rattrista, perché è la fine di un sogno, della fantasia al potere. Dopo averci vietato baci e abbracci, costringendoci alla “distanza di sicurezza” di un metro, dopo averci imposto le mascherine sui volti, dopo aver messo la sordina alla musica, dopo aver chiuso 44 produzioni del Cirque du Soleil (solo uno spettacolo è attivo in questo momento, in Cina), adesso il Covid-19 sembra volerci togliere il sorriso, la creatività.
Anche in questo caso, tuttavia, le colpe non sono da addebitarsi soltanto all’incubo virus. Se 4.679 dipendenti, circa il 95% della sua forza lavoro, fra pagliacci, saltimbanchi e acrobati, sono stati licenziati dal Cirque du Soleil, non è semplicemente addebitabile al lockdown. Da tempo, infatti, la colossale macchina del circo canadese danzava sull’orlo del precipizio finanziario. Nel 2015 aveva cambiato proprietà, quando il fondatore Guy Laliberté aveva ceduto le sue quote a un fondo di investimento, e di recente aveva ricevuto dai suoi principali azionisti una ricapitalizzazione di 50 milioni di dollari. Daniel Lamarre, amministratore delegato del circo, aveva fatto sapere che l’azienda stava prendendo in considerazione ogni ipotesi, compreso il fallimento. D’altronde, se è vero che nel 2019 l’azienda aveva avuto più di un miliardo di dollari di entrate, è vero anche che ora ha una somma quasi altrettanto grande di debiti: 1,6 miliardi di passività.
La crisi è cominciata proprio nel momento in cui la società ha cercato di diversificare la propria attività. Quando, in pratica, ha lasciato il tranquillo Oceano Blu per rituffarsi fra gli squali dell’Oceano Rosso, acquistando nel 2017 la Blue Man Productions e, l’anno dopo, la società di intrattenimento per bambini VStar Entertainment Group. L’anno scorso ha aggiunto al suo portafoglio Works Entertainment e la sua troupe di maghi chiamati Illusionisti prima di concludere un accordo separato per realizzare lungometraggi con la società che ha coprodotto The Lego Movie. Investimenti che hanno indebitato l’azienda canadese.
Con la bancarotta si punta a ristrutturare il proprio debito. I maggiori azionisti, in base all’accordo raggiunto, inietteranno 300 milioni di dollari di liquidità nel Cirque du Soleil ristrutturato per facilitare la sua ripartenza, aiutare i dipendenti e farsi carico di alcuni degli oneri della società, fra i quali il rimborso dei biglietti per gli spettacoli cancellati. Nei progetti c’è il tentativo di riprendere la strada abbandonata. Riducendo personale e costi, concentrando le attività a Las Vegas, dove la società registra il 40% dei ricavi e dove spera di mettere in scena un nuovo spettacolo già a novembre. Gli spettacoli itineranti potrebbero tornare nel 2021 se la situazione del virus lo consentirà. Ma saprà ritrovare l’immaginazione e la creatività degli inizi? E, soprattutto, riuscirà a sfuggire agli squali dell’Oceano rosso affamati di vendetta?