Il monte Stella è un promontorio che si trova nel comune di Salerno. Dalla sua cima si può dominare la costa salernitana, il porto dove sono ormeggiate le navi che arrivano e partono. Bastano queste poche considerazioni per comprendere perché Luigi Fontanella, che ha vissuto a Salerno gli anni dell’infanzia, abbia scelto questo toponimo come titolo del suo ultimo libro. Il monte per il poeta è il punto di partenza della sua intensa esperienza di vita, che lo ha portato prima a Roma, dove ha fatto gli studi, e poi negli Stati Uniti, dove insegna letteratura italiana alla State University di New York. Ma è anche il richiamo a una geografia di ricordi e sentimenti, che negli anni si sono sedimentati nella sua coscienza, e sono diventati immaginario poetico.
Monte Stella è il simbolo di un viaggio di ritorno, a ritroso, non tanto nei luoghi del passato per sempre perduti, ma nel loro ‘margine’, in zone di luce che riaffiorano dalle ombre, negli ‘sguardi tagliati’ delle persone amate, dei loro nomi (Anna, Elvira, la via Sabato de Vita, ecc.) incisi in maniera indelebile nella memoria. Non le cose, ma ciò che di loro è rimasto, ciò che ancora riaffiora, un lampo sopravvissuto al tempo, il poeta ferma in versi tesi, incisivi, di immagini audaci e immediate (p.11):
Mi porto dentro il margine
la memoria immediata.
In quel margine un ritrovo a ritroso.
Tu sai quanto conta il rischio
della venuta. Tu sai quanto conta.
In questo canto del distacco
io sono la tua memoria immediata.
Per il poeta fra il passato e il presente c’è una distanza incolmabile, una ferita che si è aperta negli anni, e che a volte neanche la scrittura riesce a placare del tutto. Questo rapporto sofferto con il passato attraversa tutto il libro, vario nei toni, caratterizzato a volte dal respiro lungo dei versi e da una tensione emotiva e lirica alta, che percorre tutte le sezioni, e che trova il suo epilogo in quella finale (Il movimento dei rami).
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Nella ultima lirica che chiude il libro, il poeta sembra che si liberi dal passato e dalla sofferenza, attraversa il suo vissuto, dopo aver fatto i conti con la memoria dolente dei propri ricordi. Inaugura in versi lievi, impalpabili, leggeri un modo di fare poesia che non guarda più al passato, ma alle cose che sono intorno a lui. In un istante di grazia, di serenità interiore, osservando il movimento dei rami di un albero, scopre un aspetto nuovo della vita, trova e ritrova la comunione con la natura (p.51):
Guardando il movimento dei rami
davanti ai miei occhi
al tremore che li anima
nel silenzio
nel vento amico
che li avvolge e li separa
rami fratelli rami uccelli
fermi in quest’aria già autunnale
nel folto verde
nel folto verde
L’incanto del movimento dei rami di un albero in una giornata d’autunno dona al poeta un momento di sintonia con il vento amico, con i fratelli alberi, con gli uccelli fermi nel verde folto della radura. Desta nel suo animo un ritmo piano, una musica interiore, leggerezza di cuore, armonia. Armonia, che può avvertire chiunque legge questi versi bellissimi e che solo la vera poesia può evocare.