Sono bastati pochi mesi alla Cina per ribaltare la percezione globale: un paese che da untore, da epicentro del contagio, si è trasformato in un modello virtuoso da seguire, simbolo dell’efficienza, della rinascita, della battaglia vinta contro il coronavirus. Non più il paese da dove è partita la diffusione del Covid-19, che sta falcidiando popolazioni ed economie in ogni angolo del mondo, ma quello che per primo l’ha sconfitto. Il primo a riaprire le città, il primo a diffondere video di stazioni ferroviarie di nuovo piene di gente dopo mesi di quarantena, il primo a dispensare consigli e a inviare aiuti concreti agli altri paesi.
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Secondo quanto riporta il sito dell’Oms le autorità di Pechino solo pochi giorni fa avevano comunicato una crescita di appena 20 positivi e 161 asintomatici in tutto l’immenso Paese. Basti pensare che a inizio ottobre si sono svolte le vacanze nazionali, “la settimana d’oro”. Quest’anno rigorosamente entro i confini nazionali. Ma come ha fatto la Cina a ottenere un risultato del genere? Con un efficiente sistema di contact tracing e con i tamponi di massa.
Sono oltre quattro milioni di tamponi partiti da un caso di positività. In un «controllo di routine», in una zona di campagna nei dintorni di Kashgar nello Xinjiang è stato individuato un caso di positività asintomatica al Covid-19. Uno dei rari contagi interni in Cina da mesi. La positiva è una ragazza asintomatica di 17 anni. I «tracciatori» cinesi hanno subito fatto test ai genitori, trovando anch’essi positivi asintomatici. Hanno allargato i controlli ai «contatti stretti»: parenti e compagni di lavoro in una fabbrica tessile della zona. Totale: 137 asintomatici tutti legati alla ragazza. I 138 asintomatici sono stati avviati in una struttura medica: verranno curati anche se non hanno sintomi, tenuti sotto osservazione fino a quando non passeranno due tamponi negativi.
Nello Xinjiang sono partiti controlli a tappeto su tutta la popolazione della prefettura di Kashgar, non importa quanto piccolo e isolato sia stato il focolaio. Ma non è finita qui. Voli e treni sospesi da Kashgar, scuole chiuse e richiesta alla popolazione di non muoversi dalle loro case per permettere al personale sanitario di procedere con i test. Era già successo nella capitale dello Xinjiang, Urumqi: a luglio lockdown per un focolaio di 900 casi positivi. In Cina funziona così: il tampone di massa è stato già usato a Wuhan (11 milioni di persone a maggio) e a Pechino a giugno (10 milioni di persone, poi non trovando casi si sono fermati prima di arrivare a 20 milioni). Questa è la procedura cinese.