La platea era completamente vuota e nessuno sapeva che quel giorno all’interno delle rovine di Pompei si stava suonando. E i brani eseguiti dal vivo, in quel luogo così ricco di storia, furono appena tre. Neanche eseguiti di fila, bensì prima suonati e subito dopo meticolosamente controllati dalla band con le cuffie: se non erano perfetti, assolutamente perfetti, andavano rifatti. Eppure, Live At Pompeii dei Pink Floyd, è uno dei concerti più famosi nella storia della musica, pietra miliare del periodo floydiano post-Barrett e pre Dark side of the Moon. Il film-concerto uscì nel 1974, ma fu registrato tre anni prima: tra il 4 al 7 ottobre 1971, esattamente cinquant’anni fa.
L’idea fu del regista Adrian Maben, che provò inizialmente a convincere David Gilmour a scrivere musiche che interagissero con immagini pittoriche. Gilmour declinò. Mesi dopo, nell’estate del 1971, Maben, in vacanza a Napoli, fu colpito dall’immagine dell’Anfiteatro romano di Pompei al crepuscolo. Era tornato lì al tramonto perché lì credeva di aveva smarrito il passaporto giorni prima. Ebbe così l’idea di far suonare i Pink Floyd in quella location. Però senza pubblico. Grazie all’amicizia con un professore dell’Università di Napoli, Maben ottenne l’autorizzazione dalla Soprintendenza. I Pink Floyd si impuntarono su due aspetti: i brani andavano eseguiti rigorosamente live e, per questo, occorreva trasportare via camion tutta la strumentazione, per garantire una qualità sonora equiparabile ai lavori in studio. Arrivata a Pompei, la troupe di Maben si rese conto che non c’era corrente sufficiente. Si decise quindi di prenderla direttamente dal Municipio: un lunghissimo cavo percorse tutte le strade di Pompei, dal Municipio all’Anfiteatro.
Se furono Gilmour e Waters ad avere voce in capitolo nella registrazione, Maben riuscì a strappare alla band due sequenze forti: i quattro Pink Floyd che si arrampicano tra i vapori delle solfatare di Pozzuoli e solo tre brani eseguiti dal vivo, peraltro neanche integrali: Echoes e One Of These Days, tratti dall’album Meddle, e A Saucerful of secrets, title track dell’album del 1968, all’interno del quale il “diamante pazzo” Syd Barrett non c’era già più (se non nella traccia Jugband Blues). Di Echoes, però, a Pompei il gruppo eseguì la prima metà e il finale. Mancava la parte centrale. E non mancava solo quella. Il girato di Maben, per quanto qualitativamente alto, non era sufficiente per confezionare un film. In più il regista aveva terminato il budget, e ciò lo costrinse a ultimare il montaggio della prima versione a casa sua. Non fu l’unica sventura ad abbattersi su Maben. Molte bobine andarono distrutte, ed è anche per questo che in One Of These Days le immagini non staccano quasi mai da Nick Mason: era una delle poche sequenze del brano non andate perdute.
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Per tappare le falle, Maben convinse il gruppo a girare altre immagini in uno studio cinematografico francese, l’Europasonor di Parigi. Dal 13 al 20 dicembre del 1971, cercando di ricostruire l’ambientazione di Pompei usando immagini di repertorio della Soprintendenza, oltre alle sequenze di Pozzuoli proiettate alle spalle della band, i Pink Floyd suonarono Set the Controls for the Heart of the Sun, Careful with That Axe, Eugene e la sezione centrale di Echoes. I Pink Floyd vollero anche eseguire a Parigi un divertissement contenuto in Meddle, ovvero Seamus, sorta di blues in cui a cantare (cioè ululare) è un cane di nome Seamus. Solo che, per il film, la canzone diventò Mademoiselle Nobs. Nobs era un levriero russo femmina, di proprietà di un’amica circense di Maben. Nel brano, fatto più unico che raro, Gilmour suona l’armonica.
Dopo il montaggio casalingo, Maben si rese conto di avere sì e no un’ora di film. Un po’ poco. La sfortuna continuò a tormentarlo, perché la prima del film, prevista il 25 novembre 1972 al Rainbow Theatre di Londra, saltò per “motivi burocratici”. Nel frattempo, era arrivato il 1973, i Pink Floyd stavano ultimando Dark Side Of The Moon negli studi di Abbey Road. Maben rimpolpò così Live At Pompeii con un mini-documentario ad Abbey Road. Era il gennaio 1973 e l’album non era certo terminato. I quattro musicisti “recitarono” per Maben, suonando le loro parti sulle basi non ancora definitive: nessuna di quelle incisioni sarebbe poi finita su Dark Side Of The Moon. Maben raccolse poi qualche dichiarazione del gruppo, assieme ad alcune riprese della loro colazione in studio. La versione definitiva salì a 80 minuti: contiene, tra le altre cose, frammenti in studio di Us And Them e Brain Damage.
Live at Pompeii uscì nell’agosto 1974. I Pink Floyd erano molto più famosi di tre anni prima. Il film di Maben raccontava un gruppo che non esisteva più.