Si guardava a Est, alla controffensiva di Mosca, ma ecco che l’attacco all’Ucraina arriva da Ovest. E per giunta dall’alleato più stretto: la Polonia. Da diciannove mesi era stata uno dei più risoluti alleati di Kiev fornendo aiuti economici, garantendo supporto logistico, accogliendo oltre 1,5 milioni di profughi e sostenendo lo sforzo bellico ucraino con armi di vario tipo. Ma ora si ritrova in un’aspra lotta commerciale proprio contro l’Ucraina per evitare che il copioso grano del vicino, a basso costo, sottragga fette di mercato ai contadini polacchi.
Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha annunciato che la Polonia smetterà di fornire armi all’Ucraina. Le tensioni fra i due paesi erano cominciate a maggio, ma la situazione si era ulteriormente complicata nell’ultima settimana dopo che l’Ucraina aveva protestato per la decisione polacca di vietare la vendita del suo grano in Polonia. La questione dell’esportazione del grano ucraino è uno degli effetti commerciali più complessi e discussi dell’invasione russa dell’Ucraina. A luglio la Russia aveva deciso di ritirarsi dall’accordo che garantiva a navi commerciali l’uso di tratte marittime sul mar Nero per esportare il grano e gli altri cereali ucraini. Questo aveva costretto il governo ucraino a cercare nuove soluzioni.
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Ora il grano ucraino viene trasportato principalmente via terra verso ovest: vari paesi dell’Europa centrale sono diventati un’importante via di transito e destinazione finale per grano, mais, colza e semi di girasole ucraini. Molti di questi paesi si erano lamentati per il timore che l’entrata nel loro mercato di così grandi quantità di cereali avrebbe danneggiato gli agricoltori locali, facendo scendere il prezzo dei prodotti.
L’Unione Europea aveva quindi istituito a maggio un divieto temporaneo di vendita dei cereali ucraini valido per cinque paesi: Bulgaria, Ungheria, Romania, Slovacchia e appunto Polonia. La regolamentazione scadeva il 15 settembre ma Ungheria, Slovacchia e Polonia avevano deciso di prolungare il divieto autonomamente. Oggi quindi permettono il transito del grano ucraino sul proprio territorio, ma non la vendita. Durante il discorso tenuto martedì all’Assemblea Generale dell’Onu, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha apertamente criticato la Polonia parlando di un «teatrino politico» e di comportamenti che nascono per ragioni di politica interna ma finiscono col favorire la Russia.
A quel punto la Polonia ha convocato l’ambasciatore ucraino per lamentarsi delle accuse e il primo ministro polacco Morawiecki ha minacciato di aumentare il numero dei prodotti ucraini sottoposti a divieto di vendita se l’Ucraina avesse continuato a «cercare di mettere pressione, con messaggi negli incontri internazionali e con denunce legali». L’annuncio della sospensione della fornitura di armi è un passo ulteriore nella disputa.
Come altri paesi dell’Europa orientale particolarmente preoccupati dalle volontà espansionistiche della Russia, in questi mesi la Polonia è stata fra gli alleati più fedeli e risoluti dell’Ucraina: è stato il primo paese della Nato a approvare l’invio di caccia da guerra, ha rifornito l’esercito ucraino con oltre 200 carri armati di produzione sovietica e secondo i dati del Kiel Institute ha complessivamente fornito aiuti per oltre 4 miliardi di euro, fra armi e sostegno finanziario e umanitario.
Ma la Polonia è in piena campagna elettorale, il 15 ottobre si terranno le elezioni parlamentari e la situazione politica è decisamente più confusa rispetto alle ultime due elezioni, stravinte dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia. Oggi Diritto e Giustizia è dato diversi punti sotto al 43,6% dei voti che ottenne nel 2019. Il tema dei prezzi del grano è diventato centrale nel dibattito pubblico polacco e il partito al governo teme di perdere una quota dei propri voti fra agricoltori e allevatori.