La X rossa sulle facce dei suoi leader sta diventando l’incubo di Hamas. Mercoledì un razzo israeliano ha ucciso in Iran il leader politico dell’organizzazione, Ismail Haniyeh. E mentre i funerali a Teheran sono ancora in corso, arriva la notizia di un’altra uccisione eccellente, quella di Mohammed Deif, il capo delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas dal 2002. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha ufficializzato la sua morte, avvenuta il 13 luglio in un raid aereo a Khan Younis, con una foto su Twitter in cui mette una croce sulla sua foto, proprio come avvenuto 24 ore prima per Haniyeh.
Dopo l’attacco del 7 ottobre vari leader politici e militari israeliani avevano promesso che avrebbero rintracciato e ucciso tutti i capi di Hamas responsabili del massacro di civili israeliani. Lo scorso novembre il ministro della Difesa Yoav Gallant disse: «Hanno i giorni contati, in qualunque parte del mondo si trovino: sono tutti uomini morti». Tra gli altri obiettivi i leader militari del gruppo radicale libanese Hezbollah e dei leader delle Guardie rivoluzionarie, la principale forza militare dell’Iran, paese alleato di Hamas e di Hezbollah.
Fin dai primi giorni dopo il 7 ottobre l’obiettivo esplicito di Israele è stato quello di «distruggere Hamas». È con questa motivazione che l’esercito israeliano ha bombardato invaso la Striscia di Gaza, dove più di 39 mila palestinesi, in gran parte civili, sono stati uccisi, e le città sono state devastate. Tra gli obiettivi immediati dell’operazione militare israeliana nella Striscia, oltre alla distruzione della capacità e delle infrastrutture militari del gruppo radicale, c’era anche l’uccisione dei leader locali di Hamas, che sono quelli che con ogni probabilità hanno operativamente organizzato l’attacco del 7 ottobre: Yahya Sinwar, il capo di Hamas nella Striscia di Gaza; Mohammed Deif, che è capo delle brigate al Qassam, l’ala armata di Hamas; e Marwan Issa, il vice di Deif.
Di questi tre inizialmente era stata confermata soltanto la morte di Marwan Issa, ucciso in un bombardamento israeliano a marzo. Israele aveva anche tentato di uccidere Deif, lanciando due settimane fa un pesante bombardamento contro al Mawasi, un’area indicata dall’esercito stesso come sicura per i civili. Hamas aveva detto che Deif era sopravvissuto, mentre nel bombardamento erano stati uccisi 90 civili, ma successivamente l’esercito israeliano ha detto di essere certo di averlo ucciso. Non ci sono notizie pubbliche su tentativi di assassinio del terzo obiettivo, Yahya Sinwar.
Oltre a questi tre obiettivi più immediati nella Striscia di Gaza, il governo israeliano ha dato l’ordine di uccidere tutti i leader di Hamas coinvolti in ogni maniera con il 7 ottobre, anche quelli che si trovano all’estero. Anche in questo contesto, tuttavia, l’uccisione di Ismail Haniyeh è difficile da comprendere. Haniyeh era un capo politico di Hamas, viveva all’estero (in Qatar) e ci sono perfino alcuni dubbi se fosse davvero coinvolto nell’organizzazione dell’attacco del 7 ottobre.
Israele ha portato avanti omicidi mirati anche di capi di Hezbollah e delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Questi omicidi si inseriscono da un lato nel contesto di ostilità storiche tra Israele e i gruppi che considera nemici, e dall’altro sono attacchi o risposte avvenuti in mezzo a grosse tensioni regionali cominciate dopo il 7 ottobre.