Anno bisesto, anno funesto. Gli antichi romani nutrivano una certa avversione per il mese di febbraio, il mensis feralis, ossia quello dedicato ai riti per i morti e alle cerimonie di purificazione. In un 2020 di certo non nato sotto una buona stella – ça va sans dire, non ci si voglia tacciare di superstizione – il Coronavirus ha generato la più grande paralisi della quotidianità, quantomeno nella storia recente, alla luce degli effetti decisamente deleteri che la psicosi e l’isteria collettiva stanno esercitando sulla socialità come sulla gran parte del settore della cultura e dello spettacolo.
Per quanto fare i conti con un virus mediamente sconosciuto e a contagio ampiamente diffuso sia estremamente pericoloso, a più di un mese dai primi casi conclamati, si può affermare con certezza che quest’ultimo, in condizioni di salute ottimali, non è affatto letale come inizialmente paventato dai media. Il periodo storico però, costellato di fake news, sensazionalismo gratuito e disinformazione, ha fatto da cassa di risonanza a una situazione che, per quanto delicata, si sarebbe potuta gestire in maniera decisamente più ordinata e serena.
Saccheggi di supermercati, aggressioni ad asiatici, guanti e mascherine sono solo la punta di un iceberg che racconta di una società che si crede moderna senza esserlo, che vive di nuove tecnologie ma è incapace di padroneggiarle. Tutto diviene relativo: il confine tra web e realtà sfuma. Insomma, questa emergenza ha rivelato una profonda debolezza della società attuale.
Il cinema e il teatro, in quanto luoghi aperti al pubblico dove – sulla carta – avviene la visione condivisa da un gran numero di persone, come prevedibile sono stati tra i primi a sortire gli effetti del fenomeno Coronavirus. La chiusura di numerose sale – le stesse che già di regola stentano a sopravvivere – abbinata al panico dei giorni precedenti alla chiusura stessa, ha portato a un calo vertiginoso registrato al box office. A testimonianza di ciò il risultato di “Bad Boys for Life” che, dopo soli tre giorni dall’uscita, ha incassato appena 43mila euro. Dati sconfortanti hanno portato inevitabilmente al rinvio nel release di numerosi altri titoli, al fine di salvare, almeno in parte, i guadagni preventivati.
Rimandata di sette mesi anche l’uscita in sala del venticinquesimo capitolo delle avventure di James Bond 007. Il franchise al servizio di sua maestà di “No Time to Die”, costato circa 200 milioni di dollari e distribuito da Universal Pictures, era previsto sugli schermi per aprile e slitterà invece a novembre 2020. La medesima sorte è toccata alle riprese in laguna di “Mission: Impossible” con Tom Cruise e alle programmazioni del format televisivo della CBS “The Amazing Race”. “Si vive una volta sola”, “Volevo nascondermi”,” Lupin III – The First”, “The Grudge”, “Un amico straordinario”, “Charlie’s Angels”, “ARCTIC – Un’avventura glaciale”, “Non si scherza col fuoco”, “Dopo il matrimonio”, “Amiche in affari” e “Cambio tutto” sono solo alcuni degli altri titoli che non usciranno nei cinema come da programma e la cui prima proiezione risulta ancora in data da destinarsi. Con il conseguente e inevitabile sovraffollamento del palinsesto delle sale che, molto probabilmente, permetterà un rientro solo parziale dell’indotto previsto. Il cinema però non è l’unico ambito artistico a uscirne fortemente indebolito: la cultura purtroppo è uno dei primi ambiti a risentire della crisi.
18 milioni di danni per teatro e cinema, con 4.000 posti di lavoro a rischio. Lo spettro che aleggia è quello del Metropolitan di New York che, dopo la strage dell’11 settembre 2001, ha impiegato dieci anni per registrare un sold out. A Milano e in Lombardia, con le dovute proporzioni, l’orizzonte è nero per migliaia di lavoratori, soprattutto i liberi professionisti rimasti senza impiego e senza tutele. I danni per i cinema lombardi, considerando due settimane di chiusura, ammontano a circa sette milioni di euro di mancati incassi. Cifra che sale a 11.3 milioni di euro per i teatri sul territorio regionale, tra cui il Teatro alla Scala. La Lombardia conta nel settore dello spettacolo dal vivo circa 2.000 addetti tra personale artistico e tecnico, circa lo stesso numero di lavoratori sono impiegati negli esercizi cinematografici. Per i dipendenti c’è il paracadute degli ammortizzatori sociali in deroga, mentre per i liberi professionisti il presente è già segnato dalla crisi, soprattutto per famiglie monoreddito. Una crisi indotta dal Coronavirus che equivale a una vera e propria calamità per un intero settore, con fatturati che precipitano e prospettive di ripresa molto, molto lontane. Urgono quindi interventi immediati a sostegno dell’intero settore culturale per contenere il pesantissimo impatto che l’emergenza sta avendo sulle imprese e sui lavoratori.
Ma è ugualmente drammatica la lettura dei dati più recenti del box office italiano: giovedì 5 marzo, secondo i dati Cinetel, sono stati raccolti appena 105.203 euro, – 89.95% rispetto allo stesso giorno di un anno fa (1.046.867 euro), su un totale di 1946 schermi aperti (contro i 3.893 dello scorso anno, ossia la metà). Anche il confronto con la settimana scorsa è sconfortante con -44.10%. In una settimana si è passati da 33mila biglietti venduti ad appena 18mila.
Il drastico calo di vendite di prodotti culturali, libri, musica e dvd, la cancellazione di concerti e di 7.400 spettacoli dal vivo, la disdetta di mostre e visite culturali con presenze nei musei che non raggiungono il 20% di quelle normalmente registrate, l’annullamento di festival ed eventi fieristici, la sospensione delle produzioni audiovisive nazionali e internazionali e in generale il congelamento di attività o iniziative già programmate stravolgono investimenti e sviluppo delle industrie per quest’anno e, probabilmente, anche per quelli a venire.