Da Ma come porti i capelli bella bionda alla malinconica ma ottimista La vita l’è bela, cantate con quell’inequivocabile cadenza milanese e accompagnate dal loro celebre “passetto” dondolante, con la gamba destra alzata, dalle meno ricordate Mamma vado a Voghera e Il piantatore di pellame alla celeberrina La gallina. C’è tutto il repertorio discografico degli anni d’oro di Cochi & Renato in E la vita l’è bela, cofanetto con tre dischi in studio del periodo 1973/1977 (Il poeta e il contadino, E la vita, la vita, Libe-libe-là) più un quarto disco, Le canzoni intelligenti, con remix e rarità. Più di quaranta brani, moltissimi dei quali fanno ormai parte della cultura popolare italiana, tutti rimasterizzati per ottenere una maggior pulizia del suono. Il cofanetto si presenta con una grafica che evoca l’originalità delle pubblicazioni storiche.
«Alcune nostre canzoni hanno fatto epoca, per noi è stato fondamentale quel mondo vitalissimo che c’era a Milano negli anni Sessanta», ha dichiarato il duo comico meneghino. Vivere e fare cabaret nella Milano di quegli anni significava frequentare un mondo nuovo. «Le garantisco che avere conosciuto personaggi del calibro di Dario Fo, Giorgio Gaber, I Gufi, non è stata una cosa indifferente. Senza Jannacci forse noi non saremmo esistititi: da lui io e Cochi abbiamo imparato a fare canzoni allo stesso tempo ironiche e commoventi».
Un’amicizia e un sodalizio cominciati dietro ai banchi di scuola. Aurelio “Cochi” Ponzoni e Renato Pozzetto, due amici che giocano insieme a Gemonio, lago Maggiore, mentre Milano è sotto i bombardamenti. Poi, negli anni Sessanta, il liceo a Milano. Di giorno Renato studia da geometra, mentre Cochi da ragioniere. Le notti trascorse a suonare filastrocche in osteria. «Abbiamo cominciato ad esibirci nel 1963. Frequentavamo quella dell’Oca d’Oro di Porta Romana. Una delle tre osterie più importanti di Milano», racconta Renato Pozzetto, 80 anni, che celebra le “nozze d’oro” con Cochi Ponzoni, 79 anni. «E ora ci siamo accorti che sono più di cinquant’anni che facciamo i saltimbanchi. Per trenta anni non ci siamo parlati, anche se ci vogliamo bene, poi vent’anni fa la fiction insieme, Nebbia in Val Padana, e così abbiamo deciso di tornare al cabaret».
I due studenti tiratardi giravano con la chitarra prima per osterie e poi per cabaret e locali notturni milanesi: il Cab 64, il Nebbia Club, l’Intra’s al Corso e infine il Derby, il Cotton Club del cabaret meneghino, dove all’epoca il grande Enzo Jannacci era una specie di direttore artistico. Con loro, in quello che fu chiamato “Gruppo Motore”, folleggiavano Lino Toffolo, Bruno Lauzi, il mai abbastanza lodato Felice Andreasi e lo stesso Jannacci. «Eravamo un gruppo di persone con un umorismo tutto nuovo. Per esempio: mi ero inventato “l’ufficio facce”. Era un nostro ufficio immaginario dove facevamo commenti sui clienti che entravano nel bar. Avevamo anche dei modi nostri di parlare: come “cioè”, oppure “praticamente, che sono diventati dei tormentoni», ha raccontato Renato. Come “bene, bravo, 7+” oppure “taac”, o ancora “eh la Madonna!”.
Enzo Jannacci, spesso in collaborazione con il giornalista e autore Beppe Viola, firma alcune delle canzoni più famose della coppia comica milanese. «Giorgio Gaber ci ha insegnato a suonare la chitarra, più a Cochi, che era bravino; Enzo Jannacci, con cui abbiamo scritto le prime canzoni, tipo “la gallina l’è intelligente, si capisce da come guarda la gente”, lui componeva la musica e noi si andava avanti con le parole; Dario Fo veniva a darci il suo parere», ricorda Pozzetto.
Nascono brani indimenticabili, tra il surreale, il teatro dell’assurdo, la presa in giro di qualunque convenzione, cabaret demenziale dai doppi sensi. Basti ricordare Supermarket, Il bonzo, Il reduce, L’inquilino, La moto, Finché c’è salute, Sono timido, A me mi piace il mare, la canzone alla quale è più affezionato Cochi, «ma anche Silvano, La gallina, Canzone intelligente, Lo sputtanamento… tutte quelle più surreali». Illogiche a prima vista, che solo i più piccoli ne riescono a cogliere subito il senso profondo. Filastrocche e canzoncine, monologhi e siparietti nuovissimi per il tempo, caratterizzati da una comicità assurda e dal nonsense. Canzoni intelligenti che tornano per salvare il mondo dalla idiozia.