Era il 20 marzo 2019. Il giorno prima i Negramaro avevano chiuso il loro Amore che torni Indoor Tour al Pal’Art Hotel di Acireale. Un tour trionfale, all’insegna del sold out, portato a termine con il groppo in gola per il dramma del chitarrista Lele Spedicato, colpito da un ictus alla vigilia della partenza. Lele era tornato a sorridere, ma, calata l’adrenalina del palco, lo stress fisico e psicologico accumulato da Giuliano Sangiorgi venne a galla. «Appena sono tornato a casa per stare vicino a mia figlia e divertirmi, mi sono sentito male», confessa oggi. «Ho avuto paura di avere un problema di salute molto più grande di quello che poi si è rivelato. Per un mese sono rimasto chiuso in casa». Effetti delle tensioni vissute. Che scompaiono d’un tratto quando il frontman della band salentina riapre le porte del suo studio e, d’istinto, scrive Noi resteremo in piedi, brano che apre Contatto, il decimo album della band, presentato in una affollata conferenza stampa virtuale e poi con uno showcase in live streaming.
«Noi resteremo in piedi è una stand-up song», spiega. «Voleva dire: “Io devo restare in piedi, questo è il mio posto finché posso, finché devo dire delle cose, finché ne ho da dire”. Una canzone che parlava delle tue cose, ma che alla fine finisce per contenere tematiche comuni con altre persone, con il mondo».
E i Negramaro ne hanno cose da dire. Noi resteremo in piedi si trasforma nella canzone del movimento “Black Lives Matter”, delle persone che emigrano perché vengono cacciate dal loro Paese. Diventa il manifesto dell’intero album. Che nasce da uno stato emotivo e da una crisi esistenziale. Come l’Amleto di Shakespeare, Giuliano Sangiorgi si è posto il dilemma: essere o non essere. «Essere un uomo o un cantante», mi sono chiesto. «Veramente devo essere soltanto un cantante e fare musica perché devo divertire e intrattenere? No, non mi va! Non perché voglio essere politico, partitico, semplicemente perché voglio dire quello che penso. Dove lo posso dire? Nei post? No, perché non li ritengo il posto giusto per rispondere a tematiche disarmanti e disumane che vengono proposte con estrema leggerezza. Un cantante deve dire ciò che pensa nelle canzoni. In questo disco noi abbiamo trattato dal punto di vista umano tutte quelle tematiche che avremmo voluto discutere sotto un post. Parafrasando i Pooh, direi: il mio “post” è qua. È questo il “post” in cui io voglio dire la mia. È questo il “post” in cui io voglio rispondere a tutti quelli che mi dicono: “Sei cantante, canta”. Okay, sono un cantante, canto e lo scrivo in una canzone. Non mi potete rompere le scatole… Alla mia maniera ho detto le cose che noi sei avremmo voluto dire in maniera umana, nemmeno politica. Dire “sta morendo un bambino” è politica, scrivere una canzone d’amore è politica, tutto è politica. Chiunque voglia rispondermi lo faccia con una canzone».
In tempi di pandemia, Noi resteremo in piedi, come l’intero album, assume altri significati. «Contatto è un concept-album», commenta Sangiorgi. «Quando abbiamo cominciato a lavorarci, più di un anno e mezzo fa, quella parola aveva un altro senso e si riferiva alla perdita di contatti umani per via dei social media. Era la parola più fisica che c’era, lo è stata per millenni, ma nel nuovo mondo aveva perso i connotati originali, era diventata il massimo del virtuale e dello sterile, gli abbiamo tolto la carne, a questo pensavo quando l’ho scritta. Alla fine della lavorazione dell’album, l’unica cosa che non avevamo era il titolo del disco, non capivo quale delle canzoni poteva diventare la sintesi del progetto. Poi è arrivato tutto quello che sappiamo e quella parola ha preso luce, è stato improvvisamente evidente che il titolo non poteva che essere quello, una parola che non solo nell’idea è tornata fisica, ma addirittura velata da un senso onirico di sogno. Il vero senso della parola contatto oggi è speranza».
Il sogno di tornare ad abbracciarci, toccarci, ballare, sentirci esseri umani nello stesso spazio di altri. Tutti gli argomenti sfiorati nell’album, dal razzismo ai migranti, dal porno alle condizioni climatiche, passano attraverso l’imbuto della pandemia, «che, in qualche modo, ingoia tutto e riempie tutto di una sensibilità molto più profonda». È un album di speranza. Da Mandiamo via l’inverno a Devi solo ballare, inno alla felicità scritto per la figlia Stella, da La cura del tempo, la vittoria della luce sul buio, sino alla evocativa La terra di nessuno, scritta guardando dalla finestra di casa le strade vuote per il lockdown e immaginando i nuovi Adamo ed Eva identificati in Anna e Marco di Lucio Dalla (citato anche nel testo), simboli di una periferia che sogna, incipit di un nuovo mondo dove la parola diversità è stata abolita. Non solo Dalla tra le fonti di ispirazione, ma anche Giovanni Lindo Ferretti, Franco Battiato e un immancabile omaggio al maestro Ennio Morricone a chiusura di album con Dalle mie parti.
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Musicalmente i Negramaro, a parte una parentesi anni Novanta (Come se non fosse successo mai niente, E se domani ti portassi al mare e Scegli me), tentano di scrivere una nuova pagina di letteratura musicale, ispirata a un romanticismo spigoloso e attuale, che cerca il feeling con i linguaggi delle nuove generazioni, «che si stanno liberando dall’iperattivismo googleiano e cominciano a riscoprire il concetto di album». Come la rapper urban vicentina Madame che ha conquistato Cristiano Ronaldo e ora duetta con Sangiorgi in Non è vero niente.
E sulla scia di Billie Eilish, la band nata nel giorno di San Martino del 2002 ha presentato il nuovo album con uno showcase ipertecnologico, grazie all’utilizzo in diretta della cosiddetta extended reality, la realtà aumentata, e all’interattiva a metà tra il reale e il surreale. «Ma i Negramaro sono una band da “live”», sottolinea Sangiorgi. «Non credo che la musica resterà questa… Se fra due anni sarà così, io cambio mestiere, vuol dire che canterò per mia figlia… Non voglio che mia figlia cresca con la diffidenza degli altri. Dobbiamo ritrovare l’umanità».
E, oltre all’umanità, i Negramaro sperano anche che un giorno anche «in Italia la politica possa considerare l’arte, la cultura, la musica, il cinema, il teatro, i libri, come beni di prima necessità».