Nell’era del Covid, in cui le relazioni sociali si sono diradate, e in cui tutti noi dobbiamo fare esperienza della distanza sociale dagli altri, e a volte della solitudine, Nina Nasilli ci propone nella sua nuova raccolta di versi una riflessione sul concetto di prossimità. ‘Prossimo’ non va inteso solo come ciò che ci è vicino, ma anche soprattutto come ciò che ‘è imminente’, ciò che si avvicina. È chiaro che è in gioco in questo libro, che può considerarsi come più libri in un uno, il nostro rapporto con le cose, con il nostro esserci nella vita, con il senso dell’assenza e della perdita, ma anche con la possibilità che nel divenire stesso, in cui tutti noi siamo immersi, si faccia prossimo a noi un tempo nuovo. Come anticipavamo, la raccolta è strutturata in diverse sezioni, che anche se orchestrate in un solo ordito, hanno anche una notevole autonomia, e possono essere lette anche singolarmente.
Il filo rosso che le tiene insieme è la carica visionaria, a momenti ‘mistica’, che combina in una ricerca di senso la tradizione ebraico-cristiana con quella filosofica occidentale (a partire da Democrito fino a Heidegger). La poetessa è affascinata dalle cose, e la sua voce si leva verso l’alto a indagare la ragione dell’esistere, che la riporta per paradosso nel suo esserci qui e ora. Anche se il cammino che lei compie in questi versi è ascendente (lei lo definisce “itinerarium mentis cordisque in amorem”) non la allontana dagli uomini, ma la riconduce invece nella vita, e la spinge a ogni tappa a fissare sulla pagina la propria fragilità e quella del mondo che la circonda.
L’umanità le appare fatta di lacerti ‘insicuri’ e si considera partecipe della sofferenza del cosmo. Si sente vicina agli altri, in comunione con la moltitudine degli incerti del cosmo. A interessarle è il ‘poco’ della vita, ‘il niente’ che si avvicina, l’approssimarsi del mondo fenomenologico, il suo farsi materia, ma anche la speranza che la morte (l’oltre) non sia la fine di tutto, e che l’esistenza sia un intreccio vitale fra questa e un’altra. Sebbene il suo io sia tutto teso nel cogliere l’essenza fisica ma anche spirituale del mondo che è intorno a lei, non mancano nel libro passaggi in cui quasi fa suo il ritmo di un paesaggio su cui ferma lo sguardo, quasi ad assorbirne i movimenti, il dolore ma anche la bellezza che lo attraversa (p.131):
[…] (lontano, un balzo di balena al largo
nessuno lo sa, resta morto
anche il mare
ma, se lo dici, anche piano, io lo vedo
o lo posso sognare)dell’imbarcazione che solca le onde
intuire la forma
per la luce che la riluce e la splende
in un baluginio qua e là ne tocca
qualche dettaglio […]
È in questi momenti intensamente lirici, in cui il verso si distende con pienezza, che la poetessa trova la sua voce più autentica, specie quando si sente in sintonia con l’intera umanità (ogni navigante), che sola nel viaggio per il mare dell’esistenza, è in perenne ricerca di un momento di ‘prossimità’, di felicità e condivisione piena con l’altro, di un ‘illuso istante amicale’. Quell’istante raro e prezioso, che manca all’uomo moderno, che pur disponendo di tanti strumenti tecnologici, non riesce più a entrare in relazione con i suoi simili e con il cosmo intorno a lui.