Se al loro debutto sul palco dell’Ariston, nel 2018, la sorpresa fu la vecchietta che ballava, quest’anno Lo Stato Sociale ha riservato ben due sorprese al pubblico del Festival di Sanremo. La prima è che sarà Albi, e non Lodo Guenzi, a cantare il brano Combat Pop, con cui la band bolognese è in gara. Lo storico frontman cede per la prima volta il microfono al collega, in quella che si annuncia un’esibizione ricca di colpi di scena. «Lodo farà altro… Faremo uno show totale, magico, per togliere riferimenti, un calcio libero alla Crujiff».
«La verità è che tra Una vita in vacanza, il Primo Maggio e X Factor, tutto è stato molto schiacciato su di me, ma non è la verità di questa band», spiega Guenzi. «Vogliamo sfruttare questa luce per attuare ciò che volevamo fare da tanto tempo, cioè raccontare le cinque anime diverse e anche indipendenti che ci sono dentro questa band».
“Cinque dischi per cinque artisti” è l’incredibile sfida lanciata dalla band. Ovvero, un album per ogni componente. Ci sarà anche un sesto album come, così lo hanno definito, «episodio finale della nostra serie tv». Titolo? «Si chiamerà Attentato alla musica italiana», annuncia Albi Cazzola. «Perché la nostra è un’operazione priva di logica commerciale. Immettiamo nel mercato un sovraccarico di canzoni per farlo esplodere. Lo streaming ci piace ma spesso prevale la moda e la musica non è più al centro». E Bebo Guidetti aggiunge: «Piattaforme e social spingono, non solo nella musica, un processo dopaminico che non ci fa godere di quello che otteniamo. Siamo un po’ contrariati da questo mercato musicale che ci impone l’episodio singolo. Rivendichiamo la libertà di farci un’abbuffata».
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La canzone in gara, Combat pop, critica i colleghi che si svendono alla pubblicità. “Ma che senso ha vestirsi da rockstar, fare canzoni pop per vendere pubblicità?”, cantano. «Lo abbiamo fatto anche noi, uno dei compromessi per stare in questo mondo», ammettono onestamente. Un mondo che non piace, come lasciano intuire nel brano. «Perché siamo costretti a vivere in un mondo che ci impone determinate cose e tendenzialmente le dobbiamo accettare così come ci vengono date», commenta Lodo Guenzi. «Dobbiamo tollerare la contraddizione di vivere in un sistema che non ci piace e questa contraddizione è il tema del pezzo».
“Questo è combat pop! / O era combat rock? / Erano i Clash lo so, ma che stile! / Metti il vestito buono, / Sorrisi e strette di mano, / Che non è niente male / Questo funerale. / Credevi fosse amore / E invece era un coglione”, cantano nel brano. Che è un mix di suoni e citazioni. «Abbiamo giocato un po’ con il rock’n’roll», sorride Alberto Cazzola. «Il pezzo in realtà nasceva molto punk nel primo provino, un punk un po’ Clash, infatti c’è una citazione all’inizio. Poi si è evoluto in un insieme di essenza rock, con dentro anche qualcosa che richiama i jingle pubblicitari. Un altro riferimento è l’indie rock, con cui siamo cresciuti realmente e che ci appartiene. Abbiamo cercato di fare qualcosa abbastanza in linea con la storia del rock’n’roll».
Un mondo sbagliato e che non si può cambiare con una canzone: “A canzoni non si fanno rivoluzioni / Ma nemmeno un venerdì di protesta”, cantano ancora. Ma un giovedì di protesta sì. La seconda sorpresa è infatti riservata per giovedì, nella serata delle cover e dei duetti, quando Lo Stato Sociale presenterà Non è per sempre degli Afterhours. «Tutti, nessuno e centomila: sarà un campione rappresentativo, società civile e volti noti». Ci sarà Sergio Rubini. «Lo stimiamo. La sua carriera è incredibile, non si è mai adagiato nella comfort zone. Non canterà, il suo sarà più un racconto», annuncia Bebo. «Sarà una rappresentazione con il cuore in mano, ma con il cuore che piange. L’aggregazione e la socialità sono il motivo per cui è nato il nostro progetto: le canzoni sono venute dopo».