Nei primi anni Novanta è stata la regina delle notti romane. Della sua voce, sensuale e delicata, dalla straordinaria varietà timbrica, si sono innamorati tutti quanti passavano alla Cabala, uno dei locali notturni più frequentati nella capitale. Per Mafalda Minnozzi, ragazza pavese di nascita, appassionata di jazz, furono quattro anni di successi. Scritturata come voce solista nell’orchestra del maestro violinista Cristian Pintilie a “Uno Mattina” su Rai1. Partecipò a tantissimi festival e concorsi canori, vincendo o comunque piazzandosi sempre nelle prime posizioni, come a Castrocaro nel 1993. In quegli anni ha anche scritto, diretto e interpretato tre recital teatrali con repertori impegnativi, che andavano da Jacques Brel a Édith Piaf, da Frank Sinatra a Billie Holiday, da Caterina Valente a Ornella Vanoni, e ha vissuto esperienze musicali in ambito europeo, in teatri e jazz club, a Parigi, Malta e in Grecia.
Un’ascesa strepitosa che nel 1996 l’aveva portata sulle soglie del teatro Ariston. Ma quando sembrava che fosse destinata a essere una delle protagoniste della vetrina sanremese, Mafalda Minnozzi si lasciò trasportare dal cuore che la spingeva verso altre culture musicali, come il jazz e la bossa nova. «Accolsi con entusiasmo un importante invito che mi arrivò dal Brasile», racconta. Le prospettavano l’opportunità di diventare la voce interprete della musica italiana in un importante locale di Rio de Janeiro, insieme a grandi musicisti della scena carioca come Nico Assumpção, Raul Mascarenhas, Luiz Avellar, Jurim Moreira, Armando Marçal, Cristovão Bastos e Carlos Bala. Forse perché era scritto nel nome, Mafalda, come il personaggio immaginario protagonista dell’omonima striscia a fumetti realizzata dall’argentino Joaquín Lavado, forse per il richiamo del ritmo, Mafalda fa subito le valigie e, invece di salire sull’aereo che l’avrebbe portata sulla riviera ligure, affronta la traversata atlantica per sbarcare in Sudamerica.
«In Brasile ho lavorato duramente, ho fatto tanti sacrifici e ho avuto così un grande successo, da parte mia inaspettato e imprevedibile. Dal punto di vista artistico, le soddisfazioni che ho avuto in quel periodo sono state la linfa che ha alimentato tutti i miei successivi passi, portandomi a consolidare una lunga carriera discografica e televisiva, che dal Brasile si è poi ramificata in tutto il Sudamerica ed è arrivata successivamente a New York», s’inorgoglisce la cantante.
Sono ormai 25 gli anni di carriera di Mafalda Minnozzi trascorsi nelle Americhe, segnati da collaborazioni con Milton Nascimento, Andre Mehmari, Leny Andrade, Paulo Moura, Art Hirahara, Nico Assumpção, Gene Bertoncini, Martinho Da Vila, Toquinho, John Pizzarelli, Jamil Joanes, Rogerio Boccato, Guinga. La sua intensa convivenza con la musica brasiliana l’ha portata nel tempo ad assorbirne profondamente lo spirito per integrarlo ad altri linguaggi musicali già acquisiti, come la chanson francese, il canzoniere napoletano, la musica d’autore italiana e naturalmente il jazz, fonte ispiratrice di tutti i suoi progetti. Come nel recente Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz, nel quale esplode tutta la sua “brasilianità”, con sonorità esotiche e improvvisazioni dal sapore ancestrale che rileggono la bossa nova legandola al samba e alle sue radici più profonde, in terra di Bahia.
In Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz l’artista amplia e arricchisce il suo background grazie all’azione di un formidabile ensemble che mette le ali agli arrangiamenti dell’eMPathia Jazz Duo, composto da Mafalda come voce e da Paul Ricci alle chitarre. «Ho usato tutti i colori della mia voce per assimilare i suoni che nella mia testa avrebbero potuto essere la tromba, il sax, il pianoforte e ovviamente le percussioni, e Paul ha messo da parte il suo virtuosismo per realizzare una solida base sulle linee del basso e creare così movimenti armonici (nell’idea di una sezione di archi) a supporto dell’arrangiamento», spiega l’artista pavese in una intervista a Jazzit.
Nell’album c’è un diffuso senso di delicatezza, intensità, gusto, grazia, relax e anche una forte spiritualità. Mafalda Minnozzi segue gli insegnamenti di musicisti del calibro di Chet Baker, Barney Kessel, Erroll Garner, che hanno ispirato i “pionieri” della bossa nova” negli anni Cinquanta. «Io e Paul abbiamo sempre rispettato questo legame», ribadisce la cantante. «Ma abbiamo voluto anche aggiungere quelle fonti ispiratrici che ci hanno influenzato e orientato fino ad oggi. Le sonorità di João Gilberto, Gil Evans, Roberto Murolo e l’esplosivo samba jazz che si suonava nel mitico Beco das Garrafas a Copacabana tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, sono una parte rilevante dello stato creativo ed emozionale che ha generato l’album Sensorial; così come il ritmo afoxé (afro-bahiano), che ha ispirato per esempio la nostra versione di É Preciso Perdoar, in cui Paul Ricci ha voluto ricordare il linguaggio modale di McCoy Tyner e di John Coltrane. Siamo realmente arrivati a una straordinaria unificazione della musica “improvvisata”, dove un antico ritmo bahiano può respirare liberamente accanto a una melodia di Coltrane dal sapore blues, se i musicisti sono disposti a concedersi nell’atto creativo, svincolati dagli stereotipi».
Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz è un tributo ai grandi maestri della canzone brasiliana, come Jobim, Buarque, Baden Powell, con omaggi alle due Signore della canzone italiana. «Un altro addio è stata nel mio corpo sin da quando ero bambina e ho sempre immaginato di condurla un giorno verso una lettura jazz. Al tempo stesso ho voluto fare un omaggio all’immensa Ornella Vanoni e a ciò che ha significato per me durante tutta la mia vita». E poi Mina con le cover in chiave brasileira di Città Vuota e di Nessuno al mondo: «Quella di Mina è un’altra voce che mi ha sempre emozionato». Due modelli, due miti, che Mafalda Minnozzi ha superato in audacia e coraggio, accettando e vincendo quella sfida internazionale che Mina e Vanoni hanno sempre evitato.