Lo Scottish National Party (Snp) di Nicola Sturgeon vince di nuovo le elezioni, per la quarta volta di fila, ma non arriva la sperata maggioranza assoluta nel Parlamento di Edimburgo che avrebbe dato agli indipendentisti scozzesi maggior forza nella richiesta di un nuovo referendum sulla secessione dalla Gran Bretagna, fino ad oggi negato dal primo ministro Boris Johnson. Secondo i calcoli effettuati dalla Bbc, la formazione della first minister scozzese, Nicola Sturgeon, ha ottenuto 63 seggi: un numero di scranni sufficiente a garantirsi la guida del prossimo governo locale, ma appena sotto la fondamentale quota del 50% più uno fissata a 65.
Ma questo non fermerà la battaglia per l’indipendenza. La first minister Nicola Sturgeon ha commentato il risultato del voto dicendo di ritenere che «non ci sono giustificazioni» che possano impedire un nuovo referendum per l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito. Sturgeon, citata dai media britannici, ha aggiunto che nel Parlamento scozzese c’è «senza alcun dubbio una maggioranza pro-indipendenza». «Semplicemente, non c’è alcuna giustificazione democratica per Boris Johnson o per chiunque altro per tentare di bloccare il diritto del popolo scozzese di decidere il proprio avvenire – ha affermato – A qualsiasi politico a Westminster che voglia mettersi di traverso, dico due cose. Primo, non andate allo scontro con l’Snp, ma con i desideri democratici del popolo scozzese. Secondo, non ci riuscirete. Il solo che possa decidere il futuro della Scozia è il popolo scozzese e nessun politico di Westminster può o deve mettersi in mezzo».
È vero tuttavia che, aggiungendo i seggi ottenuti dai Verdi, esiste una maggioranza indipendentista a Edimburgo. «Appare al di là di ogni dubbio che ci sarà una maggioranza pro-indipendenza nel Parlamento scozzese — ha affermato Nicola Sturgeon —. Questa maggioranza dovrebbe vedere onorati gli impegni che ha preso col popolo della Scozia»: in altre parole, un nuovo referendum «è una questione di fondamentale principio democratico», perché esprime «la volontà del Paese». Ma a questo punto è probabile che Londra, da cui dipende l’autorizzazione finale, userà la mancata maggioranza assoluta dei nazionalisti come un buon argomento per sostenere che non c’è un mandato chiaro per andare a una consultazione popolare.
D’altra parte ancora il premier Boris Johnson ha ribadito la sua posizione: un referendum sull’indipendenza c’è già stato nel 2014, lo hanno vinto i fautori dell’Unione e non c’è ragione per farne un secondo a così poca distanza di anni. «Penso che un referendum nel contesto attuale sia irresponsabile e sconsiderato», ha detto il primo ministro britannico.
Si preannuncia dunque una lunga battaglia, perché gli scozzesi non vogliono percorrere la «via catalana» di un plebiscito unilaterale e non possono permettersi di rischiare una seconda sconfitta dopo quella del 2014: metterebbe una pietra tombale sull’indipendenza. Ecco perché la Sturgeon, pur ripetendo l’impegno rituale a chiedere un referendum, ha precisato che dovrà avvenire «al momento giusto» e solo dopo che si sarà usciti del tutto dall’emergenza Covid.