Nell’anno 1789 la colonia francese di Santo Domingo nelle Antille francesi forniva alla madrepatria i due terzi del suo commercio internazionale e rappresentava il massimo mercato della tratta europea degli schiavi. Era la colonia più fiorente del mondo, l’orgoglio della Francia e l’invidia di ogni altra nazione imperialista. Nell’agosto del 1791 scoppiò sull’isola la rivolta degli schiavi, che si sarebbe protratta per i successivi dodici anni e sarebbe sfociata, nel 1803, nella dichiarazione d’indipendenza di Haiti. Storicamente l’insurrezione antillese è la prima rivolta contro la schiavitù a conoscere un esito positivo; la prima forma di indisciplina di massa contro l’uomo bianco e la sua dominazione coloniale; il primo indelebile scacco degli eserciti nazionali di fronte a una moltitudine di schiavi.
Da questa rivolta, narrata da Cyril Lionel Robert James nel libro The Black Jacobins, nasce The Rich Are Only Defeated When Running for Their Lives, nuovo album di Anthony Joseph, poeta, romanziere, musicista con un messaggio in bilico tra Sun Ra e i Last Poets.
«Il titolo è piuttosto forte, lo so», commenta l’artista nato nel 1966 a Trinidad, trasferitosi a Londra nel 1989. «È di CLR James, scrittore e attivista nato a Trinidad nel 1901. Ha scritto questo libro intitolato The Black Jacobins, pubblicato intorno al 1938. È un’opera fondamentale, un libro davvero importante sulle idee rivoluzionarie. La rivolta haitiana è stata l’unica ribellione nera di successo e il libro è davvero profondo. Prima ancora di arrivare alla parte della rivolta, c’è un’intera prima sezione, che spiega le leggi e la politica interna del Parlamento francese in quel momento. Poi arriva ad Haiti e inizia a parlare della plantocrazia, delle persone che possiedono gli schiavi, delle persone proprietarie delle terre e delle imprese, e fa questo commento: “I ricchi vengono sconfitti solo quando corrono per salvarsi la vita”. Per rovesciare queste persone e sbarazzarsene, devi ucciderle. Non si arrenderanno. È vero. L’unico modo per sconfiggerli è che devi ucciderli. Che è quello che Frantz Fanon (psichiatra, antropologo, filosofo e saggista francese, nativo della Martinica, rappresentante del movimento terzomondista per la decolonizzazione, nda), ha detto pure in modi diversi. Le idee rivoluzionarie sono fantastiche, ma l’unico modo per avere una vera rivoluzione e rovesciare il regime oppressivo è decapitarlo, ucciderlo. Devi distruggerlo».
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Parole forti, quelle di Anthony Joseph. Uno spirito ribelle ravvivato dalle notizie che arrivavano dall’altra parte dell’oceano, da Minneapolis in particolare … «Ho scelto questo titolo subito dopo che George Floyd è stato ucciso dalla polizia americana. Stavamo già per registrare l’album. Ma quell’evento e poi la mobilitazione del movimento “Black Lives Matter” hanno plasmato molte delle emozioni, molte delle idee».
Autore di raccolte di poesie, un album spoken word e un romanzo di culto afro-futurista (The African Origins of UFOs), Anthony Joseph è stato selezionato nel 2004 dall’Arts Council come uno dei cinquanta scrittori neri e asiatici che hanno dato il maggior contributo alla letteratura contemporanea britannica. Ma il suo talento si esprime al meglio soprattutto nella musica. Anthony Joseph mette in musica i suoi testi: scrive poesia come se fosse musica e musica come fosse poesia.
Ha pubblicato magnifici album con la sua Spasm Band, un gruppo che suona una sorta di jazz selvaggio con cui Joseph inventa una esplosiva formula musicale: voodoo caraibico, funk purissimo e agilità improvvisativa jazz. Album che gli son valsi attenzione e fama internazionale, anche grazie a performance live letteralmente mozzafiato. Un insieme sinuoso e vivace di composizioni che spaziano tra afro-rock, ethio-jazz, afrobeat e free-funk, segnato dal flusso magnetico della sua voce unica e ossessionato dai sax “coltraniani” che si intrufolano su ritmi sfuggenti. Per il suo ottavo disco The Rich Are Only Defeated When Running for Their Lives, il performer trinidadiano-britannico ha deciso di immergersi nell’energia di Londra, sua città adottiva, alla quale dedica il brano Calling England Home. Messa momentaneamente da parte la sua devozione al calypso e alle radici afro-caraibiche, ha preferito un approccio più basato sul jazz.
Nella sua poesia e nella sua musica, Anthony Joseph raccoglie e sviluppa l’eredità di Bob Marley, Fela Kuti, di Linton Kwesi Johnson, il re della dub poetry, del poeta Gil Scott-Heron, dei Last Poets, dell’hip pop. «L’industria musicale di oggi non è interessata a fare dichiarazioni politiche. A meno che non creino abbastanza polemiche da poter generare denaro», sostiene l’autore trinidadiano-britannico. «Ma gli artisti troveranno sempre un modo per prendere posizione, e di tanto in tanto sentirai anche parole toccanti. Forse non così chiaramente come con Marley, The Last Poets o Fela Kuti, ma alcuni di noi dicono ancora qualcosa. C’è anche una sorta di letargo, la sensazione che tutto sia già stato detto. Viviamo in un’epoca in cui le informazioni sono a portata di clic. Crediamo di poter sapere subito tutto. Ciò rende difficile per i poeti dire qualcosa di nuovo. Ma finché viviamo in società in cui ci sono ingiustizie, inganni politici e una distribuzione squilibrata delle risorse, continueremo a denunciare».