Nel 2017 era sulla copertina di Songs of Experience, l’ultimo album degli U2, fotografato da Anton Corbijn accanto a Sian Evans, la figlia di The Edge. Nello stesso anno pubblicava il primo singolo con la sua band: gli Inhaler, inalatore ovvero, quell’oggetto al quale Eli Hewson è legato sin da piccolo perché sofferente di asma. All’anagrafe Elijah Bob Patricius Guggi Q Hewson, Eli Hewson è il terzo figlio di Bono ed Alison Stewart (dopo Jordan, imprenditrice, e Memphis Eve, nota attrice), ed è nato il 18 agosto 1999.
«All’inizio mamma e papà non erano per niente convinti della mia scelta», racconta. «Volevano che andassi al college. Penso che quando hanno visto visto che mi piaceva e che stavo bene, non si sono più opposti. E presumo che se non fossimo stati bravi, ci avrebbero immediatamente detto di mollare e di tornare a scuola».
Del famoso papà, tuttavia, non c’è alcuna traccia in It Won’t Always Be Like This, l’album con cui Eli Hewson debutta con gli Inhaler. Preferiscono camminare con le proprie gambe: nessuna collaborazione con papà, nessuna canzone scritta o prodotta da lui. E, nonostante il lignaggio di Hewson, Inhaler è un affare democratico. Come gli U2 si sono incontrati per la prima volta a scuola, attratti dal reciproco amore per la musica: Hewson (voce, chitarra), Josh Jenkinson (chitarra), Robert Keating (basso) e Ryan McMahon (batteria). Sono cresciuti ascoltando la new wave e al post punk dei Joy Division di Ian Curtis e di Echo & the Bunnymen, modelli anche per gli U2. Non mancano David Bowie e Velvet Undergound e poi tutte gli artisti coevi della band di papà Bono, fra cui Stone Roses, Psychedelic Furs, Killers, che sembrano riecheggiare in alcuni brani dell’album d’esordio.
My Honest Face, uno dei brani degli Inhaler più ascoltati su Spotify, deve molto ai Joy Division, ma suona contemporaneo e attuale. Il testo parla di identità e di essere se stessi. “Potrei essere Elvis in un martedì notte, potrei sembrare bello sotto una certa luce. Potrei interpretare Joker, il mio sorriso costruito ti ha spezzato il cuore l’altra notte. Ma ti porterò in un posto onesto, non riesco proprio a trovare la mia faccia onesta”. La voce di Eli è bella, calda, suadente. Non vuole imitare quella del padre, anche se, inevitabilmente, la ricorda nelle tonalità, in particolare quella del primo Bono, quello di Boy. Nelle sue canzoni, come nel suono degli Inhaler, non c’è la rabbia che accese i “sacri e indimenticabili fuochi rock” degli U2. D’altronde l’Irlanda di Eli non è quella buia degli anni ’70 e ’80 e della guerra civile che segnò la vita di un ragazzo delle zone più umili di Dublino. Fra le canzoni degli Inhaler non c’è, né ci potrà mai essere, una Sunday Bloody Sunday.
Le canzoni della band di Eli sono intimiste, usano parole semplici. Come quelle del titolo, It Won’t Always Be Like This. “Non sarà sempre così”. Sei parole a cui aggrapparsi. Quel senso di speranza, di superare momenti difficili, di vedere una luce alla fine del tunnel, è il filo che lega insieme questa ipnotizzante raccolta di canzoni. «C’è un senso di ottimismo in questo album e la canzone It Won’t Always Be Like This è il principale catalizzatore», afferma Hewson, spiegando il titolo dell’album. «È un disco che parla di perdersi e ritrovarsi, cercando di dare un senso al mondo quando il mondo non ha molto senso».
Un disco che doveva uscire nel 2019, bloccato dalla pandemia. «Eravamo come su un treno impazzito. Pensavamo: “E ora? Cosa succederà? Cosa succederà domani?” Non riuscivamo a vedere il quadro completo». E quando tutto sembrava stare andando a rotoli, quando il futuro sembrava incerto, gli Inhaler hanno tenuto duro e adesso vedono realizzato il loro sogno. It Will not Always Be Like This è un disco di formazione, un album sull’adolescenza. Chiude un capitolo della vita della band e ne apre un altro.
Nel panorama di oggi dove la trap e l’hip-hop sembrano fare la parte del leone e Tik-Tok detta i tempi, la scelta di guardare agli anni Ottanta/Novanta è coraggiosa. Con loro, come con i Wolf Alice, rinascono le rock band. Se gli Inhaler hanno imparato qualcosa dagli U2, è che per arrivare al top bisogna fare una lunga e dura gavetta. Prima di far uscire il loro primo album, quarant’anni fa, la band di Bono ha girato in lungo e in largo i palchi di Irlanda e Regno Unito. Lo stesso hanno fatto gli Inhaler, che ai talent hanno preferito i festival rock, una fittissima attività live interrotta dalla pandemia e pronta a riprendere con il nuovo album.