C’è una televisione, forse ancora un po’ di nicchia, che sperimenta, c’è un’altra televisione, con un’audience molto più ampia, che si affida all’usato sicuro. Dalla prima escono prodotti divertenti e (semi)nuovi come Dinner Club, in onda su Prime di Amazon, e La nottataccia, proposto da RaiPlay, mentre la seconda sforna repliche o programmi trash come “Citofonare Rai2”.
“Dinner Club” vede Carlo Cracco trasformarsi dall’antipatico e severo giudice di Masterchef in un umano, amabile, ironico, sornione Virgilio che accompagna alcuni protagonisti del cinema italiano nel mondo dell’enogastronomia meno nota del Belpaese. Una via di mezzo tra lo Chef Rubio di “Unti e Bisunti” ripulito e corretto e il Mario Soldati di “Viaggio nelle valli del Po”, prima trasmissione che, a partire dal 3 dicembre 1957, ha costruito la narrativa culinaria di viaggio italiana.
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Dopo la deriva spettacolare, la cucina torna al territorio e alle tradizioni. Novello divulgatore enogastronomico, Bracco viaggia insieme ad amici vip – Diego Abatantuono, Fabio De Luigi, Pierfrancesco Favino, Sabrina Ferilli, Luciana Littizzetto e Valerio Mastandrea – lungo l’Italia con mezzi tra i più disparati, dalla “spiaggina” al camper, dal treno alla bicicletta, alla scoperta della cucina e dei prodotti del territorio. In Sicilia, ad esempio, si è passati dal tonno di Trapani al tagano d’Aragona, tipico timballo di pasta, dall’Uovo di Seppia, il piatto stellato dello Chef Pino Cuttaia al cannolo di Dattilo e al rosolio al fico d’India. Si raccolgono idee e prodotti che saranno usati e rivisitati nel corso di una cena finale con tutti i protagonisti presenti. Fra amenità, sfottò e risate, ciascun compagno di viaggio di Cracco diventa chef per una notte.
“Dinner club” va alla riscoperta delle tradizioni e, nello stesso tempo, racconta un Paese moderno che a quelle tradizioni perdute s’ispira. “Dinner Club” è, allo stesso tempo, vivace divertente, didattico, intelligente, istruttivo.
Musica e ironia, invece, in “La Nottataccia” di Raiplay. Con i volti coperti dalla maschera di Carlo Conti, piuttosto che di Dalì, una band, anzi un’Orchestraccia, senza contratti e futuro, occupa uno studio Rai nello stile “La casa di carta” mentre Ema Stokholma stava per cominciare il suo programma. Il loro intento è vendicarsi di una televisione banale e addormentata che ha la colpa di non avere mai dato loro spazio. Via via, a sostenere gli okkupanti arrivano musicisti e attori di fama nazionale a sostenere la protesta. Si va avanti tra canzoni romane, cover (ma lasciate stare Bruce Springsteen), ospiti e sketch, seguendo una linea che attraversa “Avanzi” di Serena Dandini e “Speciale per me, ovvero meno siamo meglio stiamo”, programma del 2005 di Renzo Arbore. Ad aiutare l’Orchestraccia nella grande fuga sarà poi proprio Carlo Conti.
È invece un flop il tentativo di mettere insieme Simona Ventura e Paola Perego nello stesso contenitore di “Citofonare Rai2”. Da sempre rivali, destinate ormai entrambe al Viale del Tramonto, tentano questa impraticabile strada pur di restare sulla ribalta. Il risultato è disastroso: banalità, volgarità («io ce l’ho duro, tu moscio»), mancanza di spontaneità.