Era il 31 dicembre del 1989. Gli U2 salutano gli anni Ottanta con quattro serate al Point Depot di Dublino, una vecchia stazione già utilizzata per Rattle and Hum e diventata luogo di concerti. Al termine dell’ultimo show Bono ringrazia tutti: «È stato un grande decennio. Stiamo facendo festa per noi stessi, per voi, per la gente che ha lavorato con noi e quelli che hanno creduto in noi lungo la strada. Dobbiamo fare qualcos’altro adesso, dobbiamo andare via per un po’…». Un discorso sibillino che, l’indomani, fa scrivere ai giornali di tutto il mondo che gli U2 stanno per sciogliersi. Bono preciserà: «È soltanto che dobbiamo sparire e sognare tutto daccapo».
In effetti, i quattro irlandesi furono davvero sul punto di dirsi addio. «Eravamo a un punto morto. A rischio di scioglimento. Non saremmo andati avanti senza trovare la nota giusta», ammise Bono, 61 anni compiuti lo scorso maggio, alla presentazione di From The Sky Down, il documentario di Davis Guggenheim che racconta i mesi in cui Bono, The Edge e soci si rinchiusero negli Hansa Studios di Berlino, rischiando di sciogliersi a causa delle pesanti divergenze artistiche e uscendone invece con Achtung Baby, uno degli album più importanti della loro carriera e che quest’anno compie trent’anni, occasione celebrata con la pubblicazione di un doppio vinile e di un cofanetto digitale con 50 tracce. Inoltre, presso i leggendari Hansa Studios sarà collocata un’installazione speciale dell’artista francese Thierry Noir (il primo a dipingere sul Muro di Berlino). In Achtung Baby, come scrisse Jon Pareles del New York Times, «smantellando e sfidando le vecchie formule, gli U2 si sono dati la possibilità di lasciare un segno negli anni Novanta».
Bono & compagni avevano percepito che il nuovo decennio chiamava la band a rigenerarsi, anzitutto musicalmente. «Avevamo fatto delle cose importanti nel mondo del rock», commenta Bono. «Ma la musica che avevamo suonato fino a quel momento era roba che chiunque altro avrebbe potuto fare e, in molti casi, come in Rattle and Hum, terribilmente deja-vu. A quel punto la scelta era: o inventiamo un suono nuovo oppure tutti a casa. Dovevamo trovare una musica che nessuno avesse mai ascoltato prima, quella era la nostra droga».
Quando si erano ritrovati negli studi di Berlino, gli stessi utilizzati da David Bowie e Iggy Pop, gli U2 erano senza una idea: «Eravamo alla frutta», rivela Bono. «Depressione totale. Litigare fa bene, aiuta le persone a esprimersi, ad argomentare, mentre il silenzio, quel silenzio, è assai più pericoloso. C’era il gelo fra noi».
La svolta arriva con One, forse non a caso diventata un inno mondiale alla fratellanza universale. «Fu il momento chiave. C’era una tensione pazzesca. The Edge e io eravamo in minoranza. One fu la canzone che mise tutti d’accordo. Quando Brian Eno ascoltò il brano, disse: “Ragazzi, io sono della partita”. E questo sollevò il morale di tutti».
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One è il primo tassello di Achtung Baby, un album fondamentale, tanto quanto il leggendario The Joshua Tree, perché segna una tale quantità di svolte nella carriera degli U2 da renderlo un disco imprescindibile per capire la loro parabola e il rock degli anni Novanta. L’abbandono del percorso che li aveva portati fino alle radici statunitensi (concluso con Rattle and Hum), la riscoperta dell’Europa in un momento storico delicatissimo (il crollo del Muro) e della città – Berlino – che sarebbe poi diventata uno dei poli culturali più influenti del Vecchio Continente. Achtung Baby segna un cambiamento così radicale per gli U2 che ne furono influenzati anche i testi (dalle invettive politiche e dagli atteggiamenti messianici a liriche più introspettive e autoriflessive) e il look: Bono trasformò letteralmente il suo viso squadrato da rassicurante irlandese nel ghigno inquietante di The Fly che divenne una sorta di suo alter ego. Quel Macphisto che sarà il personaggio centrale del più grande e inarrivabile spettacolo della storia del rock, lo Zoo Tv Tour, che seguirà all’uscita di Achtung baby e che potrebbe essere riesumato dalla band.
Quel disco adesso torna nei negozi, con quel “carico” di canzoni che suonano ancora oggi attuali (da Zoo Station a Who’s gonna ride your wild horses, da Even better than the real thing a Until the end of the world, da Mysterious way a Ultra violet), riportando alla luce alcuni brani inediti dalle sessioni di registrazione.
La ricorrenza coincide con un altro momento di stasi e crisi creativa per la band di Dublino. Le ultime uscite sono state deludenti: dalla sdolcinata We Are The People, il tema ufficiale della Soccer Eurocup eseguita da Bono e The Edge con EDM DJ e produttore Martin Garrix, all’ancor più mielosa Your Song Saved My Life composta per colonna sonora di Sing 2. E non sono in pochi a sperare che il trentennale di Achtung baby rinfocoli le fiamme dei sacri e indimenticabili fuochi del rock.