Uno, due, tre, quattro, cinque. Amadeus re del Festival di Sanremo degli anni Duemila, come lo furono Mike Bongiorno negli anni Sessanta e Pippo Baudo nei Novanta, più dell’amico Claudio Cecchetto che si fermò a tre edizioni consecutive negli anni Ottanta. Il conduttore e direttore artistico è stato confermato anche per il 2023 e 2024 al comando della corazzata di Rai1. Cinque edizioni consecutive, un record che detenevano soltanto i due pionieri della tv: Mike dal 1963 al ‘67, Baudo dal 1992 al ’96. Superpippo resta il sovrano assoluto con tredici edizioni, seguito dallo storico rivale Mike con undici.
È un premio al conduttore e direttore artistico che in tempi di pandemia è riuscito a conseguire importanti risultati. Ha rinnovato il parco cantanti, ma soprattutto ha avvicinato ai giovani una manifestazione seguita prevalentemente da un pubblico adulto. Quest’anno, poi, riparando agli errori dell’edizione precedente, è riuscito a trovato il mix perfetto tra anticaglie e modernariato.
Imitando il mondo del pallone, la Rai si adegua alla filosofia “squadra che vince non si cambia”. Che, per tre anni può andare bene, ma dal quarto potrebbe cominciare a mostrare le prime falle se non intervengono i giusti correttivi (vedi la Juventus, restando in tema di calcio). D’altronde, come la squadra bianconera, la Rai non sembra avere una panchina lunga. Tutt’altro. Nessun volto nuovo è emerso in questi ultimi anni. La promessa Alessandro Cattelan ha disatteso le aspettative, e la prospettiva di un ritorno di Antonella Clerici sul palco dell’Ariston non sembrava allettante per nessuno (compresa la stessa presentatrice). Né la linea autarchica avviata dal nuovo amministratore delegato Carlo Fuortes, che ha firmato la promozione dell’ex soldato Amadeus ad ammiraglio, apre spiragli a una soluzione esterna (e costosa), quale poteva essere quella del ritorno di Paolo Bonolis. Era stato lo stesso Fuortes, a conclusione delle cinque serate sanremesi, a osannare il direttore artistico: «Voglio fare un peana a Amadeus, ha condotto in modo perfetto». E con una battuta l’ad della Rai aveva aggiunto: «Mi hanno consigliato di mettere Amadeus sul cavallo della Rai. Per me squadra che vince non si cambia». E la conferma è arrivata ad appena un mese dalla fine della maratona festivaliera.
Amadeus galleggia come un astronauta nel vuoto d’idee del direttore del prime time Stefano Coletta. È il prezzemolino di Rai1: nel preserale con I soliti ignoti, nel prime time con i pacchi di Affari tuoi. È l’elemento giusto per una tv di Stato che punta sull’usato sicuro, sulle repliche del commissario Montalbano, sul bianco e nero di Techetecheté. Insomma, è sempre Tale e quale show. E la santificazione di Amadeus non è altro che un ritorno all’antico, alla tv di Mike Bongiorno, dell’“everyman”, come lo definì Umberto Eco nella celeberrima “Fenomenologia”. L’uomo assolutamente medio, dal quale traspare una mediocrità assoluta unita al fatto che appare genuino, spontaneo, vero. Non è bello, non è atletico, non è intelligente, ma piace a nonne e nipoti, perché sembra fragile, dolce, cortese, disponibile. Come Mike Bongiorno, Amadeus entra tutte le sere nelle case degli italiani in punta di piedi, senza provocare complessi di inferiorità, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo.
Alcuni meriti all’ex soldato Amadeus bisogna comunque riconoscere. Al di là degli errori dettati dall’ingenuità e dall’entusiasmo, ha vinto la scommessa Måneskin, proiettando la band romana nell’olimpo musicale (grazie anche alla vittoria nell’Eurovision), e ha offerto una proposta musicale contemporanea, certificata dal successo post Festival di molte canzoni, da Musica leggerissima di Colapesce e Dimartino nel 2020 a Brividi di Mahmood & Blanco e Ciao Ciao della Rappresentante di Lista quest’anno. Forse senza una visione a 360 gradi delle nuove scene musicali nazionali, orientato com’è verso l’“easy listening” radiofonico. Fatta eccezione per le due canzoni citate e qualche altra, questa volta le scelte musicali hanno lasciato molto a desiderare dal punto di vista qualitativo e lo spettacolo, nel complesso, è stato mediocre.
Se sulla strada verso il 2023 non incontreremo i missili ed i tank di Putin e la pandemia sarà finalmente soltanto un cattivo ricordo, la prossima edizione del Festival di Sanremo potrebbe essere davvero quella della rinascita. E sarà un’impresa ancor più impegnativa per Amadeus. Stia attento che non diventi uno, due, tre, stella…