«Davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali». Persino Mario Draghi è rimasto spiazzato dalla mossa del cancelliere tedesco Olaf Scholz che ha annunciato a sorpresa un piano da 200 miliardi di euro per difendere aziende e famiglie dalla crisi energetica. Ancora una volta, l’Ue si è quindi confermata un’unione di nome ma non certo di fatto.
Non siamo però di fronte a un ostacolo figlio di egoismo nazionale, come spiegava Il Corriere della sera. È un passaggio coerente con la struttura dell’Ue e dell’unione monetaria che la Germania ha pazientemente costruito. Era già accaduto in passato che i tedeschi schivassero le regole che devono valere per tutti gli altri. Da almeno vent’anni, infatti, la Germania vìola le norme che impongono agli Stati membri di superare una certa soglia del surplus commerciale, in quanto questo va spesso a danno di altri Paesi della Ue. Quanto poi alle norme sulla concorrenza, che impedivano aiuti di Stato, il governo federale ha sempre trovato la scappatoia, salvando banche e imprese in barba alle direttive europee che li impediscono e che a noi sono costate il fallimento di numerosi istituti di credito e di imprese.
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Ma con la guerra in Ucraina, la necessità di condividere strategie politico-economiche per fare fronte comune contro le ambizioni di Vladimir Putin pareva assodata, anche perché con il rincaro del prezzo del gas e la riduzione delle forniture siamo tutti nella stessa situazione. E invece no. Come al solito, i tedeschi vanno per i fatti loro. La decisione della Germania del tedesco alleggerisce il peso delle bollette alle famiglie tedesche, ma allo stesso tempo manda in frantumi qualsiasi idea di calmierare il prezzo del gas con un’iniziativa europea. Altro che price cap, come continuano a ripetere a Bruxelles, mentre le settimane e le bollette aumentano.
Se la Germania fa da sé, il resto dell’Unione è bloccato in quanto viene meno uno dei partner più importanti. E anche l’Italia ne paga le conseguenze. Con le imprese tedesche che vedranno abbassarsi il costo dell’energia grazie ai soldi messi a disposizione dal governo, le aziende italiane (con prezzi di gas e della luce alle stelle) dovranno fare i conti sui mercati esteri. In pratica, quella tedesca sarà una concorrenza sleale, possibile solo grazie agli aiuti di Stato. E per di più da un Paese che si dice amico e solidale e che fino ieri ci chiedeva di condividere le nostre scorte di gas.
E l’Europa? Non pervenuta. La decisione di Olaf Scholz di mettere mano al portafogli per difendere l’industria e le famiglie tedesche dal caro energia manda in frantumi vent’anni di tentativi di uniformare, sotto l’ombrello dell’Unione europea, gli interessi di tutti gli stati membri. È definitivamente tramontata l’idea di un tetto prezzo del gas. E anche il cosiddetto europeismo sembra vacillare. La strategia europea per far fronte ai rincari delle bollette, infatti, si riduce a due misure: più tasse per le aziende del settore (con il rischio di affossarle) e caloriferi più bassi sperando che l’inverno sia mite.