A tre anni dallo scoppio della pandemia e a due dall’inizio di un’imponente campagna vaccinale fatta per combatterla anche La Repubblica si arrende alle evidenze scientifiche: i vaccini a mRNA non si sono rivelati efficaci nella prevenzione dei contagi. Il quotidiano ha dedicato all’argomento un lungo approfondimento firmato da Antonio Cassone. Nonostante si dica con totale assertività, che «la loro efficacia rimane, nonostante le varianti», l’articolo contiene alcuni elementi di novità rispetto alla narrazione mainstream.
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Perché se da un lato i vaccini sono risultati «assai efficaci nel prevenire la malattia», dall’altro lato si ammette candidamente che il vaccino a mRna non ci ha portato alla tanto sbandierata immunità di gregge. Né ha conferito ai vaccinati una protezione maggiore dal contagio: «Da quando, a fine 2021, è arrivata la variante Omicron, la differenza di rischio di infettarsi di un non vaccinato rispetto a un vaccinato è stata progressivamente minore, e oggi con le ultime sottovarianti di Omicron, un vaccinato ha praticamente lo stesso rischio di infettarsi del non vaccinato – si legge – In conclusione, Sars-CoV-2, dopo tre anni dal suo brutale apparire, rimane ottimamente qui con noi, con varianti altamente diffusive e resistenti alla neutralizzazione da parte degli anticorp».
Questo cosa significa? Primo, che non è raggiungibile una vera immunità di gregge, anche con un tasso vaccinale superiore al 90%. Il che significa l’obbligo vaccinale, o quello surrettizio col Green pass, era ed è inutile, visto che chi non si immunizza non è “più pericoloso” dei vaccinati per la collettività, ma solo sceglie liberamente di correre un eventuale rischio. «Le conseguenze del non raggiungimento dell’immunità di gregge sono serie e rilevanti anche per i vaccinati – spiega Cassone – perché fra loro c’è sempre una quota, i cosiddetti non-rispondenti, che per problemi di bassa risposta immunitaria intrinseca o indotta da malattie e trattamenti farmacologici, non riesce ad immunizzarsi correttamente. Se si infettano, si ammalano e possono morire come i non vaccinati». Secondo, la vaccinazione di massa ha portato ad una «inarrestabile progressione» delle varianti e sottovarianti, che di fatto è iniziata con l’estensione della campagna vaccinale.
In uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, Paul Offit, un ricercatore che i vaccini li ha fatti, commenta gli ultimi sconfortanti dati immunologici sui vaccini bivalenti fatti aggiungendo all’RNna della vecchia proteina Spike di Wuhan quello di Omicron B.A,4/5: «Nessun vantaggio rispetto al vecchio vaccino, bassa immunogenicità anticorpale, preservate ma non aumentate quelle risposte cellulari che ci proteggono dalla malattia grave». E finisce dicendo che è inutile oggi offrire quarte e quinte dosi vaccinali ai soggetti non anziani o malandati usando vaccini basati sulla proteina spike di varianti che, per l’appunto, sono sostituite da altre varianti dopo pochi mesi.