Due esplosioni, almeno 84 vittime e 284 feriti. La strage di Kerman, in Iran, durante le commemorazioni dell’ex comandante delle forze Qods delle Guardie della rivoluzione, Qassem Soleimani, nel quarto anniversario dell’uccisione del leader pasdaran da parte degli Usa, ha un colpevole. L’Isis ha rivendicato l’attentato.
Con un post sul proprio canale Telegram, l’Isis ha detto che l’attacco è stato compiuto da due attentatori suicidi, definiti «martiri»: si sono avvicinati alla tomba di Suleimani e hanno attivato le cinture esplosive che indossavano. Mercoledì nella zona del cimitero c’erano migliaia di persone, arrivate proprio per commemorare il quarto anniversario della morte dell’ex generale. I due attentatori sono stati identificati come Omar al-Mowahid e Sayefulla al-Mujahid.
Il messaggio dell’Isis smentisce alcune precedenti ricostruzioni: per esempio, poco dopo l’attentato era circolata la notizia che le due bombe fossero state fatte esplodere a distanza, e che si trovassero piuttosto lontane dalla tomba di Suleimani. Finora da Teheran erano arrivate invece accuse contro Usa e Israele. «I terroristi dietro l’esplosione nel cimitero di Kerman sono mercenari di potenze arroganti (termine che l’Iran usa per gli Stati Uniti e i suoi alleati) e saranno certamente puniti», aveva detto il capo della magistratura iraniana, Gholamhossein Eje
Secondo alcune fonti dell’intelligence statunitense, citate dal New York Times, l’attentato non sarebbe direttamente collegato a Israele o alla guerra in corso nella Striscia di Gaza: piuttosto, l’Isis potrebbe aver approfittato della situazione di instabilità nella regione per attaccare l’Iran, un suo noto nemico. In un comunicato le Guardie rivoluzionarie, la forza militare più potente dell’Iran di cui Suleimani era uno dei leader, hanno descritto l’attacco come una «vendetta» e un tentativo di «creare insicurezza». L’Isis aveva già compiuto diversi attacchi terroristici nel paese, l’ultimo dei quali nell’ottobre del 2022, quando 15 persone furono uccise da tre uomini armati in un importante luogo di culto sciita nella città di Shiraz.