Via libera all’udienza per la discussione sull’istanza di revisione della sentenza con cui sono stati condannati all’ergastolo per la strage di Erba Olindo Romano e Rosa Bazzi. La coppia è accusata dell’uccisione di Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk (di poco più 2 anni), la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini.
L’udienza che si terrà il 1° marzo a Brescia sarà “dibattimentale” e “discuterà dell’impugnazione proposta” dalla procura generale di Milano e degli imputati. Si tratta di “un processo di revisione” in cui i giudici ascolteranno le parti – accusa, difesa e parti civili – e potranno decidere come procedere ovvero se rigettare l’istanza oppure accoglierla e avviare il processo “a mezzo delle prove necessarie”.
Non è la prima volta che a Brescia decidono di ammettere un’istanza di revisione di un processo così importante. Nell’ottobre del 2022, per esempio, la Corte d’appello di Brescia aveva rigettato l’istanza di revisione del processo avanzata da Maurizio Tramonte, l’ex informatore dei servizi segreti condannato all’ergastolo per la Strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 in cui morirono 8 persone e ne rimasero ferite 102. Il rigetto dell’istanza di revisione era stata poi confermata dalla Cassazione.
La revisione del processo è l’estrema e straordinaria possibilità prevista dal codice di procedura penale italiano di correggere un errore giudiziario che ha portato a una condanna definitiva e irrevocabile. A questa possibilità accede un numero molto limitato di casi: di fatto la revisione del processo è un nuovo processo, chiamato appunto “processo di revisione”, che viene istituito soltanto in presenza di argomenti e prove molto forti per sovvertire la decisione di colpevolezza. Questi argomenti devono essere valutati con criteri molto stringenti da una Corte d’Appello che ne deve decidere l’ammissibilità, prima di avviare l’eventuale nuovo processo che si può concludere comunque con una conferma della condanna.
L’unica richiesta ammessa è il proscioglimento: non si possono chiedere diminuzioni di pena o sconti, perché l’obiettivo della revisione del processo è correggere decisioni palesemente errate. Se il processo di revisione sovverte le sentenze dei tre gradi di giudizio e si conclude con un’assoluzione si può parlare di errore giudiziario, previsto dall’articolo 24 della Costituzione («La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari»): secondo le norme del ministero delle Finanze che provvede ai risarcimenti eventuali, «l’errore giudiziario si verifica quando un soggetto, dopo aver espiato una pena, o parte di essa, per effetto di una sentenza di condanna, venga successivamente riconosciuto innocente in seguito ad un nuovo processo di “revisione”, strumento di impugnazione straordinario».
In Italia la richiesta di revisione di un processo segue un percorso stabilito dall’articolo 630 del codice di procedura penale: secondo l’articolo 632 dello stesso codice può essere chiesta dalla persona condannata o da un suo parente («prossimo congiunto») attraverso la difesa, oppure dal procuratore generale presso la Corte d’Appello nel cui distretto, cioè l’area di competenza della Corte, fu espressa la sentenza di condanna.
La revisione del processo può essere chiesta «se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto». Oppure «se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato». Dal 2011 la Corte Costituzionale ha stabilito che il processo di revisione può essere concesso anche dopo una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo.