Il passo indietro per sbloccare le nomine Ue è toccato al partito che è uscito vincitore alle europee dell’8 e 9 giugno. Il Partito Popolare Europeo, dopo aver fatto saltare l’intesa pochi giorni fa chiedendo di ottenere, tra le altre cose, la seconda metà del mandato alla guida del Consiglio Ue, secondo fonti diplomatiche si è arreso pur di non far naufragare le trattative. Così il Consiglio europeo del 27 e 28 giugno servirà soprattutto a formalizzare un accordo che è già stato deciso: Ursula von der Leyen rimane presidente della Commissione europea.
Insieme alla sua nomina sarebbero state confermate anche quelle dell’ex primo ministro portoghese António Costa come presidente del Consiglio Europeo, l’organo che riunisce tutti i capi di stato e di governo degli stati membri, e la prima ministra dell’Estonia Kaja Kallas come Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, ossia il capo diplomatico dell’Unione.
I loro nomi erano stati accostati a queste cariche già da tempo, ma negli ultimi giorni i leader avevano avuto problemi a trovare una quadra definitiva. Al momento l’accordo è soltanto informale e dovrà essere approvato dal Consiglio Europeo, cioè l’organo in cui siedono i 27 i capi di stato e di governo dell’Unione, che inizierà giovedì 27 giugno. L’elezione di von der Leyen dovrà poi essere approvata un’ultima volta anche dal Parlamento Europeo, uno dei due organi legislativi dell’Unione.
A prendere la decisione, secondo quanto scritto da Politico, sarebbero stati sei capi di governo espressione di Popolari, Socialisti e Liberali: quindi sei persone che siedono al Consiglio Europeo ma al contempo sono legate ai tre gruppi parlamentari della maggioranza che controllerà i lavori del prossimo Parlamento Europeo. I sei leader sono il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e il primo ministro polacco Donald Tusk, per il Ppe; il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez e il cancelliere tedesco Olaf Scholz per il Pse; il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro olandese Mark Rutte, per il gruppo dei liberali, Renew.
Da questi negoziati sarebbe stata quindi esclusa la prima ministra italiana Giorgia Meloni, che dopo un buon risultato alle elezioni europee di inizio giugno aveva provato a inserirsi nelle discussioni in merito alla scelta dei nomi per le maggiori cariche dell’Unione, ma è stata finora esclusa: Meloni fa infatti parte del Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei, composto da partiti di estrema destra, che gli altri gruppi per ora non hanno coinvolto nelle trattative. Bisognerà comunque capire se l’accordo in questione reggerà sia al Consiglio Europeo sia al Parlamento Europeo.
Ed è qui che Giorgia Meloni può far valere il suo peso di presidente del Consiglio del terzo Paese europeo più importante, il cui consenso è necessario per arrivare a una tranquilla approvazione in Parlamento. Per questo, precisano le fonti, Giorgia Meloni contratterà i ruoli per l’Italia da premier e non da leader dei Conservatori, liberandosi in parte, salvo manifestazioni di dissenso interne alla formazione, della responsabilità di mettere d’accordo l’ala più progressista della maggioranza e quella più conservatrice di Ecr. Una strategia che potrebbe rivelarsi vincente per la presidente del Consiglio, oppure, nonostante le cariche che le verranno offerte, un passo falso che indebolisce la sua posizione nella galassia nazionalista europea.
L’obiettivo, secondo quanto si è appreso negli ultimi giorni, sembra essere quello di ottenere la vicepresidenza e il commissario al Bilancio e Pnrr. Il nome in lizza per prendersi la poltrona è quello del ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, che proprio in queste ore ha commentato le vicende europee: «Quello delle nomine non è l’unico tema rilevante dell’agenda del Consiglio Europeo. Per noi è molto importante che dal vertice esca un messaggio chiaro su temi per noi cruciali come la competitività dell’economia europea, la Difesa, la migrazione e l’Agenda strategica oltre, ovviamente, ai temi di politica estera come l’Ucraina ed il Medio Oriente sui quali si sono registrati molti progressi grazie al recente vertice del G7 presieduto dal presidente Meloni».