Con un discorso sulla falsariga di quello pronunciato ieri alla Camera, dove ha ottenuto la fiducia con la maggioranza assoluta (321 voti), il premier Giuseppe Conte oggi affronta a Palazzo Madama la vera e propria prova del nove per la tenuta del governo con il voto di fiducia del Senato. Una prova difficile, con una maggioranza assoluta fissata a 161 voti che difficilmente verrà raggiunta, malgrado il lavorio di giorni scorsi alla ricerca di «volenterosi» e «responsabili» con vocazione «europeista».
Il suo discorso, incentrato sull’appello ai «volenterosi che hanno a cuore il destino dell’Italia», ripercorre l’intervento pronunciato ieri alla Camera. Si apre con un richiamo a quel «progetto di Paese di quei 29 punti» programmatici presentati all’inizio dell’esperienza di governo e rivendica che «c’era una visione e una forte spinta ideale, un chiaro investimento di fiducia». Annota che «ora un uragano sta sconvolgendo il nostro destino collettivo» e che «anche la politica è stata costretta a misurarsi con scienza e tecnica per rispondere a emergenza e crisi economica».
«Nulla sarà come prima dopo la pandemia di coronavirus. Il governo deve essere all’altezza». Anche al Senato il premier ha sottolineato come durante la situazione di emergenza pandemica, si è mantenuto vivo «un costante e serrato dialogo con tutti i livelli istituzionali, a partire dalle Autorità regionali sino a quelle comunali, nella consapevolezza che solo praticando indefessamente il principio di leale collaborazione sarebbe stato possibile perseguire strategie di intervento efficaci, considerato che le competenze in materia di gestione sanitaria sono rimesse primariamente alle Regioni».
Conte ha nuovamente fatto appello al ritrovamento delle «ragioni alte della politica», quale «servizio alla comunità nazionale e non gestione al contingente e dei propri interessi». Ribadito, con forza, l’irreparabile strappo con Renzi che, formalmente ha aperto la crisi ritirando le ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, insieme al sottosegretario Ivan Scalfarotto. «Difficile governare con chi dissemina mine», ha tagliato corto il premier. «È davvero molto complicato governare con chi ti accusa di immobilismo e di correre troppo, di non decidere e di decidere troppo». Ma «adesso bisogna voltar pagina – ha ribadito Conte – Questo Paese merita un governo coeso, dedito a tempo pieno a lavorare esclusivamente per il benessere dei cittadini e per favorire una pronta ripartenza della nostra vita sociale e una incisiva ripresa della nostra economia».
Fino al pomeriggio seguirà il dibattito parlamentare, intervallato da una pausa sanificazione. Intorno alle 17.30 dovrebbe arrivare l’eventuale replica del premier. Poi le dichiarazioni di voto e la “chiama” dei senatori per la votazione. Infine il risultato finale della fiducia intorno alle 20.30. I numeri sono risicati. Italia viva, dopo l’abbandono del governo, ha annunciato che si asterrà nel voto finale e questo consentirà all’esecutivo di ottenere la fiducia con una maggioranza relativa: non è richiesto un quorum minimo ed è sufficiente superare l’opposizione anche di un solo voto. Il pallottoliere si ferma a 155 voti, salvo sorprese dell’ultima ora. Ancora in forse i voti dell’Udc, mentre alcuni ex cinquestelle come Gregorio De Falco daranno il loro sostegno. Tra i senatori a vita certa la presenza di Liliana Segre, mentre Carlo Rubbia e Renzo Piano non saranno in aula.