Una relazione al capolinea (o quasi). La rottura definitiva tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte non è ancora arrivata, anche se l’ex premier ha spiegato di non volersi prestare a «un’operazione politica di facciata, che nasce già all’origine invischiata tra vecchie ambiguità e diffusi timori di abbracciare una svolta». Eppure, ha ricordato, «fu proprio lui a chiedermi di diventare leader del M5S». Tra l’allora e l’oggi sono passati solo pochi mesi, ma sono stati più che sufficienti per creare tra loro una frattura che difficilmente si potrà sanare.
«Una diarchia non può essere funzionale, non ci può essere un leader ombra affiancato da un prestanome. E in ogni caso non potrei essere io»: Conte ha spiegato così ai giornalisti convocati al Tempio di Adriano le ragioni dello scontro che da giorni lo vede contrapposto a Beppe Grillo. Ma non è ancora arrivato il momento di gettare la spugna. Conte ha rilanciato la palla al fondatore, invitandolo a decidere «se essere il genitore generoso che lascia crescere la sua creatura in autonomia o il genitore padrone che ne contrasta l’emancipazione». Ma certo il futuro di guida che in molti si erano già immaginati per lui appare ora piuttosto compromesso. Ed è lui stesso a farlo capire: «Io non posso assumere una decisione solo con il cuore se la mia testa mi suggerisce che il percorso è sbagliato, non posso prestarmi ad un’operazione in cui non credo».
L’ultima parola, per l’ex premier, deve in ogni caso essere quella della base, attraverso una consultazione formale sulle sue proposte riorganizzative: «Alla comunità Cinque Stelle chiedo di non rimanere spettatrice passiva di questo processo, chiedo di partecipare a una valutazione sincera di questa proposta di Statuto e di esprimersi con un voto. Non mi accontenterò di una risicata maggioranza». Non vuole impegnarsi in un progetto in cui non crede. O meglio, in cui ha smesso di credere: perché il sodalizio tra Conte e i pentastellati, dal 2018 all’inizio del 2021, ha visto anche molti momenti felici.
Alle elezioni politiche del 2018 il Movimento 5 stelle, guidato da Grillo, annuncia che in caso di vittoria avrebbe proposto il professor Giuseppe Conte come ministro per la pubblica amministrazione. Il 21 maggio 2018, Conte viene proposto a Sergio Mattarella come Presidente del Consiglio dai leader della coalizione M5S-Lega. Due giorni dopo viene invitato al Quirinale per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo, che accetta con riserva. Il 31 maggio 2018 Giuseppe Conte viene nominato da Mattarella Presidente del Consiglio. Il 5 giugno tiene il discorso d’insediamento al Senato. Dice che sarà «l’avvocato difensore del popolo italiano».
Alla fine dell’esperienza gialloverde, provocata dalla crisi di governo innescata da Salvini, la figura di Conte si avvicina sempre di più al Movimento fino alla seconda esperienza da premier con il Pd. A giugno 2020, quando sembrava che il primo ministro avesse portato il Paese fuori dalla crisi Covid in 3 mesi, un sondaggio Ipsos del 14 giugno illustrava che per gli elettori grillini Conte aveva superato Di Battista per indice di gradimento: non c’erano dubbi che, dopo le dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico, doveva essere lui a guidare il Movimento.
Il 28 febbraio 2021, a pochi giorni dalla fine del suo mandato di presidente del Consiglio, rispondendo ai vari appelli dei big Giuseppe Conte entra a far parte ufficialmente del Movimento 5 Stelle e accetta di diventarne il leader e accetta anche la proposta di Grillo di contribuire alla rifondazione del M5s, nato il 4 ottobre del 2009. «Giuseppe Conte ha raccolto l’invito a elaborare nei prossimi giorni un progetto rifondativo con il M5s. Una sfida cruciale, una ristrutturazione integrale per trasformarlo in una forza politica sempre più aperta alla società civile», si legge sul profilo Facebook del M5s.
Pochi mesi dopo si arriva allo scontro tra il garante e il leader in pectore. Riguarda diverse questioni tecniche di statuto e regole interne, ma è soprattutto un conflitto per la guida del partito: Conte vuole riformare la struttura direttiva limitando i poteri del garante, ma Grillo vuole avere sempre l’ultima parola sulle decisioni che riguardano il Movimento. Le speranze di ricucire, dunque, sembrano poche. «Chi mi conosce sa che non ho doppie agende. Se lavoro anima e corpo a un progetto lo faccio con trasparenza. Nel cassetto non ho un piano B», ha assicurato. In realtà sono in tanti a pensarci in queste ore: se il compromesso tra i leader fosse impossibile, una parte consistente dei parlamentari (e non solo M5s) si aspetta che l’ex premier scelga di fondare un suo progetto politico. Ipotesi che al momento Conte ha escluso categoricamente. E se la sua offerta non sarà accettata? «Valuterò cosa fare». Ma le sue condizioni, questo lo ha dichiarato, restano imprescindibili per restare a lavorare con il Movimento: «Io ho parlato con tutti, sono passati quattro mesi, la comunità M5s ormai non ce la fa più, è sfibrata, dobbiamo mettere un punto fermo».