I vaccinati con due o più dosi si reinfettano più dei non vaccinati, o dei vaccinati con un solo shot. Questi gli esiti della research letter, pubblicata dal Journal of the american medical association. L’indagine è stata condotta in Islanda, su un campione di 11.536 individui con test positivo durante la prima ondata di Omicron (dicembre 2021-febbraio 2022). La probabilità di finire nuovamente colpiti dal Covid – tanto a 30 quanto a 90 giorni dal precedente contagio – è risultata «più elevata tra persone che avevano ricevuto due o più dosi, rispetto a una dose o meno di vaccino», di circa una volta e mezza.
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Gli stessi autori dell’articolo sottolineano che i numeri riscontrati potrebbero non bastare, da soli, a spiegare il fenomeno, vista la difficoltà nel tener conto della «complessa relazione tra precedente infezione, idoneità al vaccino e patologie preesistenti». Ma di sicuro un simile studio meriterebbe quantomeno un approfondimento, visto che i numeri sarebbero l’ennesimo, durissimo colpo alla linea dura dei tifosi di restrizioni e obblighi vaccinali. Peccato però che, però, dalle nostre parti, nessuno sia intenzionato ad indagare.
Nell’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità si parla solo di una stabilizzazione, intorno al 13,3% sul totale dei tamponi positivi, dei casi di nuovi contagi in soggetti già guariti. C’è solo una lievissima crescita rispetto al monitoraggio della settimana precedente. Da gennaio a oggi – nel pieno della diffusione del ceppo sudafricano – il tasso di reinfezione è però aumentato costantemente e sensibilmente, con un incremento ancora più consistente nei mesi estivi, quelli in cui ha dilagato l’ondata di Omicron 5. Era prevedibile, vista la maggiore capacità della variante di eludere non solo le difese sviluppate dall’organismo in seguito alla vaccinazione, ma anche l’immunità naturale, quella prodotta dal contatto con una precedente variante del Sars-Cov2.
A differenza di quello che è possibile osservare nello studio islandese, in Italia non viene comunicato l’identikit degli sfortunati che si beccano il Covid per la seconda volta. O magari la terza, o addirittura la quarta. Chi sono costoro? Da quanto tempo erano guariti? Si sono riammalati sempre in forma paucisintomatica? E quante dosi di vaccino avevano ricevuto? Mentre gli islandesi hanno cercato di capire quali soggetti sono più a rischio, da noi una fitta nebbia avvolge ogni dossier.
Sarebbe utile un approfondimento. Nel frattempo una ricercatrice americana, Tracy Hoeg, che collabora da tempo con il dipartimento della Salute della Florida, ha anticipato su Twitter i risultati di un dossier che sembra confermare più o meno lo stesso trend: i pluri-vaccinati avrebbero un rischio maggiore di infettarsi nuovamente con il Covid rispetto a chi ha ricevuto soltanto una o zero dosi. Tra le ipotesi, quella che una stimolazione a intervalli troppo ravvicinati del sistema immunitario possa diminuirne le difese contro il virus. Dovrebbero essere stimolanti questioni scientifiche. Eppure non sembrano destare molto interesse presso le nostre istituzioni sanitarie.