Roberto Speranza e Andrea Crisanti: due dei tanti volti della lotta alla pandemia. Uno a capo della Sanità, l’altro da sempre critico sulla gestione dell’emergenza Covid. Cosa hanno in comune? L’essere molto apprezzati dal Partito democratico di Enrico Letta. Se da un lato Letta rivendica l’operato del ministro della Salute Speranza, dall’altro candida il microbiologo Crisanti nella circoscrizione Europa.
Ma facciamo un passo indietro. Speranza, insieme al suo consulente Ricciardi, è stato il fautore del fallimentare approccio zero Covid, il cui obiettivo doveva essere quello di fermare i contagi da coronavirus. Crisanti, al contrario, da settimane se ne va in giro a dichiarare che «ormai è inutile provare a bloccare la circolazione del virus». Tra le altre cose, Crisanti insiste a dire che i guariti dal virus sono i più protetti di tutti (anche dei vaccinati), che la vaccinazione di massa fa emergere varianti e che i tamponi a tappeto non servono più. In pratica, ogni volta che apre bocca Crisanti dice più o meno il contrario di ciò che Speranza va affermando da anni. Crisanti contraddiceva il ministro persino quando aveva posizioni diverse da quelle odierne. Ad esempio quando si lamentava per la gestione del tracciamento dei contagi, a suo dire sostanzialmente inesistente. Ma allora come fa il Pd a candidare Crisanti, se fino a qualche giorno osannava l’operato del ministro Speranza?
Parlando alla direzione Pd sul programma elettorale, il segretario Enrico Letta ha affermato che nella lotta al Covid «il nostro lavoro vedrà come punto di riferimento il ministro della Salute, che ha fatto scelte a favore della sicurezza dei cittadini e della libertà. Scelte che noi rivendichiamo contro dichiarazioni propagandistiche della destra». Si tratta dello stesso Pd che, per bocca del suo segretario, afferma di voler mettere «i diritti» al primo posto. Contemporaneamente, però, Letta rivendica la spoliazione di diritti a cui sono stati sottoposti tutti gli italiani in questi due anni di pandemia. Qualche esempio lo abbiamo già sotto gli occhi: gli insegnati esclusi dal lavoro perché non vaccinati, i bambini cacciati dai campi di calcio per mancata inoculazione, la totale assenza di provvedimenti per mettere in sicurezza le scuole, i protocolli sanitari e la vigile attesa, le frasi sul vaccino che non fa contagiare, l’assenza di vigilanza sui vaccini e il totale abbandono di chi ha subito effetti avversi.
Una delle lezioni più dolorose impartite dalla pandemia è infatti quella della sua intrinseca politicizzazione e della sua capacità di incidere in maniera talmente organica, pervasiva, capillare, sulla società. Ed ecco così che nella fatidica, e difficoltosa, compilazione delle liste elettorali in vista delle elezioni politiche del 25 settembre, la componente virologica, sanitaria e anti-pandemica in quota Pd avanza. Nonostante i posti disponibili si siano drasticamente ridotti, causa taglio del numero complessivo dei parlamentari, e i circoli territoriali non siano completamene d’accordo nel trovarsi paracadutati esponenti di altri partiti, il Pd ha dimostrato di voler fare di Roberto Speranza il suo «faro».
Ma non si tratta di un caso isolato: in Puglia troviamo il virologo Pierluigi Lopalco. La decisione è stata annunciata da Articolo 1, a cui il professor Lopalco ha aderito dopo la brusca uscita dalla civica di Michele Emiliano. Lopalco infatti non è un novizio della politica, visto che appena dopo l’esperienza da consulente Covid del governatore della Puglia, si candidò alle regionali e venne eletto con quasi 15 mila preferenze, che gli valsero la nomina ad assessore regionale. Ma vista la raffica di dossier in mano alla procura sulla gestione della sanità della regione Puglia, Lopalco si dimise in polemica con lo stesso Emiliano. Ora il suo destino sarà il Parlamento.
E il microbiologo Andrea Crisanti, candidato capolista per il Partito Democratico nella circoscrizione Europa. Da direttore della Microbiologia dell’ateneo di Padova è stato padre del «modello Vo’» – l’isolamento e i tamponi agli abitanti – nel contrasto al virus nelle prime fasi: e proprio sulla paternità del metodo è andato in rotta di collisione con il presidente leghista della Regione Veneto, Luca Zaia. Altro fronte, quello personale. Quando Andrea Crisanti ha comprato una villa del Cinquecento a Val Liona (Vicenza), una pioggia di critiche si è abbattuta sul microbiologo e su «Villa Pfizer», ribattezzata sui social per ironizzare su presunti guadagni acquisiti con la pandemia.. Per Andrea Crisanti la candidatura non è esattamente un fulmine a ciel sereno. Già durante la seconda ondata raccontava di aver ricevuto offerte per entrare in liste ma lui non aveva accettato. «Preferisco rimanere uno scienziato», aveva detto. «È così che mi sento più utile. Magari quando andrò in pensione ci penserò, ma mancano cinque anni». Il momento è arrivato ben prima.
Il sospetto è che la candidatura di Crisanti serva a depotenziare o a silenziare una delle più visibili voci critiche della pandemia. Forse non tutti lo ricordano, visto che l’evento non ha più goduto di tutta questa pubblicità, ma è stato proprio Crisanti lo scorso gennaio a depositare presso la Procura di Bergamo una perizia in cui ha valutato la gestione della pandemia nei primi mesi del 2020. A quanto risulta, egli si è soffermato soprattutto su ciò che accadde in val Seriana a febbraio di quell’anno. «Mi è stato chiesto di fare una simulazione su quale sarebbe stato l’impatto della zona rossa sulla trasmissione e sulla mortalità. Questo è stato fatto. Ma non darò nessun dettaglio. Sono emerse delle criticità, la procura le valuterà», disse Crisanti appena dopo aver consegnato il malloppo. Che cosa ci sia nel testo è ancora ignoto, e sarebbe anche ora che da Bergamo ci facessero sapere qualcosa. Ma nel corso dei mesi qualcosa è filtrato. Secondo una indiscrezione riportata dall’Ansa, nella perizia si parla di un «range tra le 2.000 e 4.000 vittime che si sarebbero potute evitare se fosse stata applicata tempestivamente la zona rossa». E all’epoca della mancata zona rossa nei dintorni di Bergamo il premier era Conte, ma il ministro della Salute era sempre Speranza.